La Kombucha: 7 proprietà scientificamente dimostrate
Il tè fermentato noto con il nome di kombucha ha origine in Cina nel III secolo aC. Poi arrivò in Russia, India e Giappone, dove divenne essenziale tra i guerrieri samurai.
Il Kombucha viene preparato a base di tè verde, nero o bianco. Viene fatto fermentare per almeno una settimana con zucchero e una coltura di funghi che consiste in una miscela di batteri e lieviti. Si tratta di una bevanda probiotica che contiene batteri utili che supportano la digestione e il sistema immunitario. Contiene inoltre enzimi, amminoacidi, antiossidanti e polifenoli.
Recentemente i ricercatori dell’Università della Lettonia hanno riunito 75 studio che attestano le proprietà salutari dimostrate del kombucha. Per citarne alcune:
Disintossicante
Contiene quantità notevoli di acido glucuronico, noto per le sue proprietà disintossicanti. Si unisce a tossine quali prodotti farmaceutici e agenti inquinanti ambientali, trasformandoli in composti solubili in modo tale che il copro possa eliminarli. Aiuta inoltre a prevenire l’assorbimento delle tossine da parte dei tessuti.
Antiossidante
Il Kombucha contiene antiossidanti in abbondanza, incluse le vitamine E e C, betacarotene e altri carotenoidi. Proprio come il tè nero, contiene polifenoli e altri composti dal potere antiossidante. Essendo fermentato è però molto più potente rispetto al normale tè. Svolge un’attività antiossidante 100 volte superiore rispetto a quello della vitamina C e 25 volte superiore rispetto alla vitamina E. Per questo motivo, bere il Kombucha può aiutare a curare patologie croniche causate dallo stress ossidativo.
Immunità
Lo stress ossidativo sopprime il sistema immunitario, ma gli elevati livelli di vitamina C che contiene supportano l’immunità. Il suo potere antiossidante protegge anche contro i danni cellulari, le patologie infiammatorie, l’immunosoppressione e i tumori.
Patologie gastriche
È stato dimostrato che cura efficacemente l’ulcera gastrica. I ricercatori ritengono che il tè fermentato protegga il contenuto di mucina dello stomaco. La sua attività antiossidante protegge inoltre il rivestimento intestinale.
Riduce inoltre la secrezione di acido gastrico, che può danneggiare la membrana mucosa. Di fatto è risultato efficace quanto l’omeprazolo, ma senza effetti indesiderati.
Tossicità renale
Può aiutare a eliminare i danni renaoli causati dagli agenti inquinanti ambientali, con benefici per i pazienti che soffrono di insufficienza renale. Previene la calcificazione ai reni e la formazione dei calcoli renali.
Sistema nervoso
Contiene vari amminoacidi, alcaloidi di metilxantina (caffeina, teofilina e teobromina), acido ascorbico (vitamina C) e vitamine B (incluso l’acido folico-B9), necessari per il normale metabolismo del sistema nervoso. Può alleviare il mal di testa, la tensione nervosa e prevenire l’epilessia. Può inoltre prevenire la depressione nelle persone anziane.
Infezioni resistenti agli antibiotici
Antibatterico con proprietà per contrastare le patologie infettive quali difterite, scarlattina, influenza, febbre tifoidea, febbre paratifoidea e dissenteria. La sua elevata acidità totale lo rende efficace contro l’Helicobacter pylori, la Salmonella il typhimurium, lo Staphylococcus aureus e il Bacillus cereus.
Intolleranza all’istamina: cause e sintomi
Il ruolo dell’istamina nel corpo consiste nel provocare una risposta infiammatoria immediata. Funge da bandiera rossa nel sistema immunologico, comunicando al corpo la presenza di qualsiasi potenziale attacco.
L’istamina fa in modo che i vasi sanguigni si gonfino o si dilatino, in modo tale che i globuli bianchi possano trovare rapidamente l’infezione o il problema, attaccandoli per proteggere l’organismo. Fa parte della naturale risposta immune del corpo, ma se l’istamina non si scompone in modo corretto potrebbe sviluppare la cosiddetta istaminosi o intolleranza all’istamina.
Viaggiando attraverso l’intero sistema sanguigno, l’istamina può compromettere intestino, polmoni, pelle, cervello e l’intero sistema cardiovascolare, contribuendo a un’ampia gamma di problematiche che spesso ne rendono più difficile la diagnosi.
Cosa provoca elevati livelli di istamina?
- Allergie (reazioni IgE)
- Overgrowth batterico
- Intestino permeabile
- Sanguinamento intestinale
- Alcol fermentato come vino, champagne e birra
- Deficit Diaminossidasi (DAO)
- Alimenti ricchi in istamina
Oltre all’istamina prodotta nel nostro corpo, esistono anche vari alimenti che contengono istamina in forma naturale, che causano il rilascio di istamina o che bloccano l’enzima che scompone l’istamina, ovvero l’enzima DAO.
Sintomi che indicano un eccesso di istamina
Indipendentemente da quale sia la fonte di istamina, quando il livello complessivo nel corpo supera la capacità di scomposizione degli enzimi, si presentano i sintomi che indicano un eccesso di istamina. L’intolleranza all’istamina si manifesta con vari segnali e sintomi, quali:
- Prurito (soprattutto a pelle, occhi, orecchie e naso).
- Orticaria (vesciche) (a volte diagnosticata come “orticaria idiopatica”).
- Gonfiore dei tessuti (angioedema), in particolare dei tessuti facciali e orali e a volte della gola.
- Ipotensione (crollo della pressione arteriosa).
- Tachicardia (aumento della frequenza del polso).
- Sintomi simili a un attacco di panico o di ansia.
- Dolori al petto.
- Congestione nasale e secrezioni nasali.
- Congiuntivite (irritazione, lacrimazione, occhi arrossati).
- Alcuni tipi di mal di testa diversi dall’emicrania.
- Stanchezza, confusione, irritabilità.
- In alcuni casi persino la perdita di conoscenza per alcuni secondi.
- Bruciore di stomaco, “indigestione”, reflusso.
Non tutti questi sintomi si verificano in uno stesso individuo e la gravità dei sintomi varia, ma il campione dei sintomi sembra essere considerevole in ogni singola persona.
Per diagnosticare un eccesso di istamina nell’organismo si può realizzare il test basico ampliato e per diagnosticare una mancanza dell’enzima Diaminossidasi (DAO); il test delle allergie.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
Come mantenere il peso ideale tenendo sotto controllo i livelli di estrogeno
La donna produce tanto estrogeno quanto progesterone. Tuttavia, può succedere che la quantità di estrogeno sia superiore a quella del progesterone. Questo squilibrio può essere provocato da diversi fattori, uno tra tutti l’obesità.
L’obesità o l’eccesso di grasso corporeo favorisce l’aumento di estrogeno perché quest’ultimo è prodotto proprio dalle cellule lipidiche. Le donne, per natura, contengono una percentuale maggiore di grasso corporeo, che si trasforma in fonte di energia in fase di crescita di un possibile feto e, allo stesso tempo, in fonte di riserva di estrogeno per fini riproduttivi. L’eccesso di grasso o la quantità di estrogeno in più, però, può rivelarsi un problema.
Negli ultimi anni, ha preso sempre più piede l’idea che un consumo eccessivo di carboidrati possa contribuire fortemente all’obesità. In particolare, gli studi realizzati hanno riscontrato un legame significativo tra i livelli alti di estrogeno e il cancro alla mammella, così come tra una pubertà precoce e la quantità di bevande ad alto contenuto di carboidrati (bibite) assunte dalle ragazze.
Gli xenoestrogeni (composti simili agli estrogeni) sono solubili in grasso e non si scompongono facilmente. Tendono ad accumularsi con il tempo e sono immagazzinati dal corpo nelle cellule lipidiche. Questo sottopone il corpo a un continuo assalto tossico e processo infiammatorio che altera le funzioni intercellulari delle cellule di grasso.
E’ stato verificato che l’eccesso di grasso corporeo altera i livelli di diversi ormoni, come l’insulina, la leptina e l’estrogeno, favorendo l’obesità. L’estrogeno rallenta il metabolismo e aumenta la produzione d’insulina, facendo così immagazzinare più calorie in forma di grasso invece di utilizzarle per ottenere energia. In poche parole, maggiore è la quantità di grasso, più alti saranno i livelli di estrogeno e di conseguenza maggiore il rischio di obesità.
Per verificare la presenza di un eccesso di estrogeni nel nostro corpo è possibile realizzare il test degli ormoni sessuali, mentre per una diagnosi più completa è possibile utilizzare il test del sistema endocrino.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
Le alghe: il nostro più valido alleato contro le mancanze nutrizionali
Attraverso il processo di fotosintesi, le alghe riescono a trasformare l’anidride carbonica in ossigeno e l’acqua in glucosio grazie alla clorofilla e mediante la luce solare.
Le alghe assorbono la CO2 dall’atmosfera ed espellono l’ossigeno e i gas solforosi responsabili della formazione delle nubi. In questo modo, regolano il clima, fanno diminuire l’effetto serra e depurano l’aria.
Il loro alto valore nutrizionale le rende ideali per prevenire e combattere alcune malattie.
Che cosa contengono le alghe in realtà?
Le alghe sono un alimento molto ricco di proteine. Queste ultime costituiscono il 25% del loro peso da secche e sono di alta qualità, poiché contengono un gran numero di aminoacidi essenziali, ossia quelli che il nostro organismo non può sintetizzare ma solo assimilare attraverso l’alimentazione. Questi aminoacidi sono facili da digerire grazie alla particolare composizione delle alghe, ricche di sali minerali ed enzimi. Oltre ad avere un coefficiente di digeribilità del 95%, queste alghe sono solitamente digerite quattro o cinque volte più velocemente delle proteine animali. Non contengono colesterolo, grassi saturi, residui di antibiotici, pesticidi o ormoni della sintesi, come accade con le proteine della carne.
Questi vegetali sono relativamente poveri di carboidrati e zuccheri, il che li rende un complemento ideale in fase di crescita, durante periodi di convalescenza, durante una gravidanza o una dieta dimagrante.
Tra i pochi carboidrati che contengono, possiamo trovare il mannitolo, uno stimolante epatico leggermente lassativo che non alza il livello di glucosio nel sangue, quindi non nocivo per i diabetici.
Ovviamente, le alghe sono un alimento poco calorico. Gli zuccheri che contengono sono per lo più mucillaginosi, perché hanno la caratteristica di gonfiarsi nell’acqua, senza essere assimilati dall’organismo. Questa proprietà impedisce l’aumento del livello di zucchero nel sangue ed è utile per chi soffre di stitichezza.
D’altra parte, la tossicità dei metalli pesanti ai quali siamo esposti quotidianamente si riduce alla presenza dei polisaccaridi contenuti nelle alghe.
Per quanto riguarda i grassi, le alghe ne contengono meno del 5% del loro peso da secche. Per questo motivo, gli acidi grassi polinsaturi che presentano le rendono alimenti a basso contenuto calorico.
Inoltre, le alghe sono ricche di:
– VITAMINE: vitamina C, E, del gruppo B (soprattutto vitamina B12) e provitamina A.
– SALI MINERALI: calcio, ferro, sodio, potassio, fosforo e magnesio.
– OLIGOELEMENTI: iodio, zinco, silicio, cobalto, cromo e manganese.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
I benefici cardiovascolari della Bromelina
La bromelina è un enzima digestivo estratto dalla pianta dell’ananas. Viene anche chiamata “proteasi” perché scompone le proteine nei loro elementi di base, gli amminoacidi.
500 anni fa, Cristoforo Colombo “scoprì” l’esistenza dell’ananas sull’isola caraibica di Guadalupe. Già allora si sorprese dei suoi usi medicinali: i nativi bevevano il suo succo per digerire la carne e curare i dolori di stomaco, le donne lo utilizzavano per nutrire la loro pelle e i guerrieri per curare le ferite. Studi recenti dimostrano che l’ananas, più nello specifico la bromelina estratta dal fusto, può rivelarsi molto utile per prevenire e trattare malattie cardiovascolari.
Infatti, i coaguli che si formano nelle arterie sono costituiti per lo più da proteine, in particolare dalla fibrina. Essi contengono anche molecole di grasso e di colesterolo, ma è la rete della fibrina che li trattiene. La bromelina, quindi, opera affinché essi vengano scomposti.
Inoltre, sembra che la bromelina riesca a “pulire” le arterie dalle placche aterosclerotiche prima che possano causare problemi seri.
D’altro canto, è molto efficace nel trattamento di processi infiammatori, senza provocare gli effetti collaterali tipici dell’aspirina o degli antinfiammatori non steroidei.
La somministrazione di 2.250 mg di bromelina due volte al giorno durante i pasti si è rivelata efficace per il trattamento dell’artrite reumatoide. Uno studio ha evidenziato che più del 70% dei partecipanti al programma ha registrato risultati positivi, vedendo diminuire il gonfiore delle articolazioni, sentendo meno dolore e acquisendo maggiore capacità di movimento.
Per alleviare dolori digestivi comuni, la bromelina deve essere somministrata dopo i pasti. Se assunta durante i pasti, invece, l’enzima digestivo può agire come antinfiammatorio in sostituzione dell’aspirina.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
Enzimi digestivi e probiotici: qual è la differenza?
Per scomporre gli alimenti in modo efficiente ed efficace, il nostro organismo deve sempre essere rifornito di una quantità sufficiente di enzimi digestivi.
Alcuni di questi enzimi digestivi vengono originati dal pancreas, mentre altri vengono prodotti dallo stomaco o secreti dalle ghiandole salivari e da quelle dell’intestino tenue. Mentre gli alimenti crudi contengono enzimi naturali che ne favoriscono la digestione, tutti gli altri hanno bisogno di enzimi digestivi che il nostro corpo deve produrre da solo in modo tale da assorbire correttamente le sostanze nutritive.
Sfortunatamente, col trascorrere degli anni, l’efficienza del nostro intestino cala, producendo una quantità minore di enzimi digestivi. Il tratto digerente diventa via via più alcalino e la rottura delle catene di proteine, grassi e carboidrati che ingeriamo risulta sempre più difficile, di conseguenza vengono prodotti meno enzimi digestivi. Questo può condurre a una serie di problemi di salute, da gas in eccesso e gonfiore ad allergie e intolleranze alimentari.
Sebbene siano entrambi fondamentali per la digestione e coinvolti nella decomposizione degli alimenti, numerosi fraintendimenti ruotano intorno alle funzioni dei probiotici e degli enzimi digestivi.
Gli enzimi digestivi agiscono da solvente, frammentando gli alimenti in modo tale che le sostanze nutritive vengano assorbite e utilizzate dall’organismo. Lavorano lungo tutto il tratto gastrointestinale inferiore, ma sono presenti in quantità maggiori nello stomaco e nella parte superiore.
I batteri probiotici si trovano prevalentemente nel tratto gastrointestinale inferiore e sono organismi vivi che letteralmente convivono con noi. I benefici che generano sono per lo più dovuti ai loro sottoprodotti. Queste sostanze, ad esempio l’acido lattico, favoriscono l’equilibrio dell’ambiente del tratto digerente, ostacolando la nascita di batteri nocivi. Ognuno di noi eredita i batteri intestinali probiotici dalla propria madre, ma questi possono diminuire a causa degli antibiotici, di una dieta povera, dello stress o di un eccesso di tossine nell’organismo.
Nonostante le differenze che li caratterizzano, nel nostro corpo troviamo circa 5000 categorie diverse di enzimi. Di queste, circa 3000 sono prodotte dai batteri intestinali. Per questo motivo, attraverso il test kinesiologico è utile controllare sia la capacità enzimatica che la flora intestinale.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
Trattamento naturale non chirurgico della cataratta
Nonostante l’operazione chirurgica sia oggi considerata la soluzione più comune per la rimozione della cataratta, alcuni studi svolti in Russia hanno dimostrato la possibilità di procedere con metodi e trattamenti meno invasivi.
Il Dott. Mark Babizhayev e i suoi collaboratori del Helmholtz Eye Institute di Mosca continuano a studiare gli effetti del composto naturale N-acetilcarnosina (N-AC da non confondere con la N-acetilcisteina) approsimativamente dal 1991.
Il Dott. Babizhayev è riuscito a dimostrare che, grazie all’applicazione di una soluzione liquida con un 1% di N-acetilcarnosina direttamente nell’occhio, si può prevenire la formazione della cataratta. Inoltre, ha raggiunto ottimi risultati nella riduzione e nella rimozione della cataratta senza ricorrere alla chirurgia e ai farmaci.
Man mano che le cellule dell’occhio invecchiano, esse si ossidano attraverso il processo di glicazione, durante il quale gli zuccheri si combinano con le proteine. Grazie alle gocce di N-acetilcarnosina si può prevenire e far regredire la reticolazione delle proteine del cristallino che porta all’opacizzazione e all’alterazione della vista.
Dopo solo un mese di trattamento si sono raggiunti risultati importanti, senza alcun effetto collaterale.
Capita che alcuni pazienti vedano sfuocato una o due ore dopo il trattamento, ma pare che questo sia dovuto alla disintegrazione della cataratta stessa. Gli studi suggeriscono poi che la sua regressione inizi dai contorni, riducendosi via via verso l’interno.
Durante questo processo, che si sviluppa in sei mesi circa, la vista si fa progressivamente più chiara. Più del 41% degli occhi trattati con gocce di N-acetilcarnosina ha registrato miglioramenti nella trasmissione della luce attraverso il cristallino, l’88,9% ha presentato miglioramenti significativi per quanto riguarda l’offuscamento e nel 90% dei casi l’acutezza visuale è migliorata in modo evidente.
In nessun caso si è avuto un peggioramento della situazione. I test si sono svolti per periodi lunghi fino a due anni e hanno tutti avuto esiti positivi.
Secondo i risultati ottenuti, si raccomanda l’applicazione di una o due gocce di N-AC in ciascun occhio, due volte al giorno.
L’effetto ottiminale sull’acutezza visuale si presenta solitamente dai 3 ai 5 mesi dall’inizio del trattamento.
L’efficacia di quest’ultimo dipenderà dal lasso di tempo durante il quale la cataratta ha interessato l’occhio. Nei casi inferiori ai 7 anni i risultati sono stati migliori e si sono ottenuti più rapidamente. Gli esiti si sono rivelati buoni anche per periodi dai 7 ai 15 anni, mentre superati i 15 anni gli effetti sono stati minori.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
La glicina: che cos’è e quali sono i suoi usi terapeutici
La glicina è uno degli aminoacidi più conosciuti e dalla struttura più semplice. Tuttavia, è un componente necessario per svolgere molte funzioni nel nostro corpo, tanto che una sua carenza può provocare diversi problemi.
La glicina viene classificata come aminoacido non essenziale (questo significa che si trova abbondantemente nei cibi che consumiamo e il nostro corpo può scegliere quando sintetizzarlo in caso di necessità). Per questo motivo, si è data poca importanza al suo potenziale nell’uso terapeutico.
La maggior parte degli studi sulla glicina si realizzarono all’inizio del 1900 e fu allora che molti medici iniziarono a parlare dei vari problemi di salute che si potevano alleviare o curare con l’aumento dei livelli di glicina. Sfortunatamente, il fatto che il corpo riesca a sintetizzare la glicina non significa necessariamente che i suoi livelli vengano mantenuti nei tessuti.
La continua presenza di sostanze chimiche nell’acqua, negli alimenti e nell’ambiente, e lo stress possono ostacolare la nostra capacità di sintetizzare la glicina in modo adeguato, soprattutto se manca la materia prima.
Il nostro corpo necessita di un rifornimento di proteine di alta qualità per sintetizzare la glicina in più. Questa proteina presente nel nostro regime alimentare è molto comune negli anziani, non solo per il tipo di dieta che sono soliti seguire, ma anche per la ridotta capacità di produrre gli enzimi digestivi e l’acido cloridrico necessari per la corretta digestione della proteina stessa.
Lo stesso accade anche durante la gravidanza, dal momento che il feto ha bisogno da due a dieci volte in più della quantità normale di glicina. Una sua carenza può colpire tanto la madre quanto la crescita del piccolo.
E’ stato altresì dimostrato che la glicina calma il sistema nervoso centrale e si può utilizzare per controllare l’epilessia e ridurre i sintomi della schizofrenia.
In caso di una ferita, l’aumento della glicina può favorirne la guarigione. E’ inoltre fondamentale per la sintesi dei nucleotidi DNA e RNA.
La glicina svolge un ruolo importante anche nella sintesi del glutatione, un tripeptide composto da tre aminoacidi (glicina, acido glutammico e cisteina).
Inoltre, è fondamentale per la sintesi dell’emoglobina portatrice di ossigeno, dei sali biliari e digestivi e del glucosio.
In più, si occupa della disintossicazione di alcuni composti come l’acido benzoico. Questo è ampliamente usato nell’industria alimentare come antimicrobico e conservante. Si può trovare anche nei dentifrici, nei collutori, nei cosmetici, nei deodoranti e in molti cibi.
Per verificare i tuoi livelli di glicina o il suo uso terapeutico puoi utilizzare il kit del test degli aminoacidi.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
Che benefici otteniamo includendo la zucca nella nostra dieta?
La zucca è ricca di carotenoidi, potenti antiossidanti che la rendono un superalimento.
I carotenoidi hanno la capacità di diminuire notevolmente il rischio di sviluppare diversi tipi di cancro e di malattie cardiache, cataratte e degenerazioni maculari dell’occhio.
Questi antiossidanti neutralizzano i radicali liberi, mantenendo sotto controllo le cellule cancerogene e la pelle senza rughe.
Esistono diversi motivi per cui sarebbe importante aggiungere la zucca alla propria lista della spesa. Ad esempio:
- Grazie al suo alto contenuto di fibre contribuisce alla perdita di peso e al corretto transito intestinale.
- I semi di zucca sono ricchi di fitosteroli, che contribuiscono a ridurre il colesterolo LDL o colesterolo “cattivo”.
- Contiene beta-carotene, un antiossidante che svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione del cancro.
- I semi di zucca sono poi ricchi di amminoacidi triptofano, importanti per la produzione della serotonina e del GABA, per regolare il nostro stato d’animo.
Inoltre, sono particolarmente consigliati agli uomini. Alcuni studi dimostrano che l’olio dei semi di zucca blocca la crescita della prostata. 30 gr di semi di zucca contengono circa 2,75 mg di zinco (circa il 17% del consumo giornaliero consigliato agli adulti), che favorisce la salute sessuale maschile. Secondo uno studio realizzato dall’Università Statale del Wayne, gli uomini che hanno ridotto la dose giornaliera di zinco nella loro dieta hanno visto i propri livelli di testosterone abbassarsi notevolmente già dopo 20 settimane.
Circa 125 gr di zucca cotta ricarica il nostro organismo con 564 mg di potassio. Questo potassio extra aiuta a ristabilire l’equilibrio degli elettroliti nel corpo dopo un allenamento pesante e a mantenere i muscoli in ottimo stato.
Con ben 7.384 mg ogni 100 g, la zucca è uno degli ortaggi della famiglia delle Cucurbitacee che contiene più vitamina A, fornendo approssimativamente il 246% dell’RDA (o dose giornaliera consigliata). La vitamina A è un potente antiossidante naturale necessario per mantenere integra la pelle e la mucosa e fondamentale per la vista.
Inoltre, è una fonte di vitamina C. 125 gr di zucca contengono più di 11 mg di vitamina C, quasi il 20% dei 60 mg al giorno che l’IOM consiglia alle donne (per gli uomini sono 75 mg).
La zucca è poi un’ottima fonte di vitamine del complesso B, come l’acido folico, la niacina, la vitamina B6 (piridossina), la tiamina e l’acido pantotenico.
Possiamo quindi affermare che sia la zucca che i suoi semi sono ricchissimi di proteine (amminoacidi), sali minerali e vitamine fondamentali per la nostra salute. Non li hai ancora inseriti nel tuo menù? Cosa stai aspettando!
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
I batteri intestinali influiscono sulle nostre preferenze alimentari
Le nuove scoperte degli ultimi anni hanno dimostrato quanto sia importante avere e mantenere una buona flora intestinale. Possibili squilibri potrebbero causare di tutto, dal cancro alle malattie cardiache a stati d’ansia.
Il nostro corpo è ricoperto da questi microorganismi. Il numero di batteri che vivono all’interno del corpo umano supera di 10 volte quello delle cellule. Per questo motivo, sembra che possano influire sulle nostre decisioni riguardo a cosa mangiare e bere.
Nell’intestino ci sono microorganismi di diverso tipo, ma tutti hanno un obiettivo principale: sopravvivere. Specie diverse prediligono sostanze nutritive diverse, come lo zucchero, i grassi o i vegetali.
Gli esperti hanno dimostrato che i batteri intestinali influenzano il nostro comportamento e il nostro stato d’animo, alterando chimicamente gli impulsi nervosi che il cervello utilizza per monitorare l’attività dell’intestino.
Liberando determinate sostanze chimiche, i nostri recettori gustativi possono cambiare e indurre stati d’ansia, facendoci preferire alcuni alimenti su altri.
Gli esperti stanno studiando come questi batteri siano in grado di liberare tossine per farci sentire male quando mangiamo qualcosa non di loro gusto, rimediando con la produzione di sostanze chimiche che ci facciano sentire bene quando scegliamo l’alimento “giusto”.
Se sono batteri benefici, non c’è nessun problema. Tuttavia, se sono i batteri patogeni (cattivi) ad avere il controllo dell’intestino, la battaglia tra le diverse specie per il cibo può generare alcuni cambiamenti indesiderati nel nostro organismo.
La loro alimentazione non sempre combacia con la nostra dieta e questo lo notiamo spesso nel modo di sentirci e di comportarci: sbalzi d’umore, disturbi d’ansia, perdita di controllo dei livelli di zucchero nel sangue.
Influenzando i nostri desideri e il nostro umore per soddisfare le loro necessità, i batteri intestinali sono una delle cause dell’obesità e delle malattie cardiache, due delle patologie più comuni che colpiscono la nostra società.
I batteri intestinali vivono nel loro micro-ambiente nel nostro tratto digestivo e sono in contatto diretto con il nostro sistema immunitario, nervoso ed endocrino. Con il tempo, scoprono quali sono esattamente gli impulsi chimici che danno loro una maggiore quantità di alimenti per sopravvivere e prosperare.
Con l’aiuto del Kit per il test basico possiamo verificare se mancano o abbiamo troppi batteri intestinali di un determinato tipo.
Analía Iglesias
analia@sibuscas.com
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