Possibili cause della fibromialgia e integratori nutrizionali che contribuiscono a contrastarla
Con il termine fibromialgia ci si riferisce a una sindrome reumatica idiopatica e multifattoriale che comporta l’infiammazione del tessuto connettivo fibroso di articolazioni, tendini e legamenti. Si presume che possa essere causata dall’esposizione a umidità o freddo, virus, batteri, tossiemia, traumi e stress emotivi.
Tuttavia, è necessario considerare altre possibili cause.
Principalmente dobbiamo assicurarci che il problema non sia relazionato ad una cronicizzazione di uno stato di costipazione o di diarrea. Queste due condizioni possono saturare il corpo di tossine e causare dolori muscolari e articolari.
Tra l’intestino tenue e quello crasso, vicino all’appendice, è posizionato uno sfintere muscolare chiamato valvola ileocecale.
Nell’eventualità che tale valvola rimanga aperta, possono aver luogo scariche diarroiche che determinano il reflusso delle tossine dall’intestino crasso all’intestino tenue e il conseguente riassorbimento delle stesse da parte dell’organismo.
Nel caso in cui la valvola rimanga chiusa, possono aver luogo stati costipativi. Gli alimenti quindi che dovrebbero essere espulsi dal corpo restano all’interno dell’intestino, decomponendosi e provocando un accumulo di sostanze tossiche. In concomitanza a tali condizioni è necessario prendere in esame la possibilità che esista una permeabilità intestinale o uno squilibrio nella flora intestinale.
La presenza di tossine in quantità elevata provoca dolore muscolare, affaticamento e molti altri sintomi associati alla fibromialgia.
Se non sono presenti problemi intestinali, è importante controllare il sistema linfatico. Generalmente, qualsiasi terapia o trattamento volto a migliorare la circolazione linfatica aiuta a ridurre i sintomi indotti dalla fibromialgia.
Per eseguire una diagnosi più accurata dello stato della valvola ileocecale e dei principali organi del sistema linfatico, è possibile utilizzare il kit del test basico ampliato.
Integratori che contribuiscono a contrastare la fibromialgia
Per quanto concerne l’alimentazione, l’integrazione nutrizionale con aggiunta di acido malico e magnesio può essere di notevole giovamento.
In una sperimentazione, 15 pazienti affetti da fibromialgia sono stati trattati per via orale con 1.200-2.400 mg di acido malico e 300-600 mg di magnesio per un periodo di otto settimane. La maggior parte dei pazienti ha notato un miglioramento sostanziale entro i primi due giorni di trattamento. Al termine delle otto settimane, i pazienti hanno sperimentato una diminuita sensibilità al dolore di un terzo o della metà rispetto al periodo precedente all’assunzione di acido malico e magnesio.
Un altro integratore nutrizionale che può essere di aiuto per la fibromialgia è il triptofano. Comparando campioni di plasma prelevati da 29 pazienti affetti da fibromialgia, si è riscontrato che presentavano livelli di triptofano significativamente bassi.
Relazione tra lo zucchero e l’infiammazione (flogosi)
L’infiammazione (flogosi) fa parte dei meccanismi di difesa non specifici dell’organismo e dei processi di cura innati del corpo.
Quando in un organismo si registrano lesioni o infezioni, il corpo mette in atto dei processi patologici rilasciando sostanze chimiche che contribuiscono a proteggerlo e a combattere gli organismi nocivi. Questo processo patologico può causare arrossamenti, aumento della temperatura della zona interessata, aumento generale della temperatura dell’organismo e gonfiore.
Tuttavia, alcuni alimenti come lo zucchero possono causare uno stato infiammatorio, ciò significa che il nostro organismo reagisce in modo del tutto simile a come reagirebbe in caso di una sopravvenuta lesione o infezione.
Le ricerche in materia dimostrano che l’abuso di alimenti ricchi di zuccheri semplici o raffinati può portare a infiammazioni croniche di basso grado che, con il trascorrere del tempo, possono determinare gravi problemi di salute a carico del muscolo cardiaco e/o dell’apparato muscolo-scheletrico, l’insorgenza di malattie autoimmuni, diabete, allergie e patologie tumorali.
Nel 2014 è stata condotta una ricerca scientifica per comparare gli effetti del fruttosio e del glucosio sulla flogosi. Ai soggetti coinvolti nella ricerca, è stata somministrata una dose di fruttosio da 50 g in un’unica soluzione. Quest’unica somministrazione di fruttosio ha determinato dei livelli significativamente elevati di proteina C-reattiva (CRP), la quale è un marcatore di risposta allo stimolo infiammatorio.
L’aumento dello stato infiammatorio era già evidente dopo 30 minuti dalla somministrazione del fruttosio, e questi livelli, due ore dopo, erano ancora più elevati rispetto alla precedente rilevazione. (50 grammi di fruttosio corrispondono approssimativamente al contenuto zuccherino di due lattine di bibite gassate).
La proteina C-reattiva (CRP) è prodotta dal fegato ed è una delle cosiddette “proteine di fase acuta” ossia appartenente al gruppo di proteine sintetizzate come risposta alla presenza di uno stato infiammatorio. Un alto livello di CRP presente nel sangue è un marcatore di flogosi. É bene ricordare che l’alto livello di CRP può essere causato da una varia molteplicità di patologie che va dalle infezioni fino a patologie tumorali.
Quando i livelli glicemici nel sangue aumentano rapidamente, lo zucchero si lega alle proteine del collagene in un processo chiamato “glicazione”, che determina una risposta infiammatoria nell’organismo.
La proteina C-reattiva (CRP) non è contenuta negli alimenti. Tuttavia, i suoi livelli sono fortemente influenzati dalla dieta alimentare seguita dall’individuo.
Numerose ricerche scientifiche effettuate, che contemplano fra i parametri anche la rilevazione dei livelli di CRP, mostrano una stretta relazione tra l’elevato consumo di zucchero e una varietà di disturbi muscolo-scheletrici, fra cui non solo l’artrite ma anche la fibromialgia.
Questo è stato l’obiettivo di una recente ricerca condotta dalla Harvard Medical School, la quale ha dimostrato come le donne che utilizzavano nella propria dieta alimentare grandi quantità di carboidrati ad alto indice glicemico avessero livelli molto elevati di CRP.
L’organismo produce CRP a partire dall’interleuchina-6 (IL-6), una potente molecola proteica implicata nella regolazione della risposta immunitaria.
L’interleuchina-6 è una molecola essenziale per la comunicazione cellulare, incaricata di avvisare il sistema immunitario in funzione pro-infiammatoria, rilasciando CRP e molte altre sostanze per l’attivazione della successiva risposta infiammatoria.
Un organismo in sovrappeso è soggetto a una risposta infiammatoria più elevata perché le cellule adipose, in particolar modo quelle presenti nella zona addominale, producono grandi quantità di IL-6 e di CRP.
Con l’aumentare dei livelli di zucchero nel sangue, aumentano anche l’IL-6 e la CRP.
In che modo lo zucchero concorre nella risposta infiammatoria?
- Per sovrapproduzione di AGE:
Gli AGE sono i prodotti finali del processo di glicazione avanzata. La glicazione deriva dalla parola Glucosio ed è il risultato della reazione dell’organismo agli zuccheri presenti negli alimenti che consumiamo.
L’elevata concentrazione di AGE provoca stress ossidativo e infiammazione. - Per l’aumentare della permeabilità intestinale:
I batteri, le tossine e le particelle alimentari non digerite possono permeare attraverso l’intestino più facilmente e raggiungere la circolazione sanguigna, questo è un fattore di rischio che può portare a una successiva risposta infiammatoria. - Per eccesso di colesterolo “cattivo” LDL:
L’eccesso di colesterolo LDL è stato associato a un aumento dei livelli di proteine C-reattive (CRP). - Aumento di peso:
Una dieta alimentare ricca di zuccheri aggiunti e carboidrati raffinati può portare a un aumento di peso. L’eccesso di massa grassa corporea è relazionato alla risposta infiammatoria, in parte dovuta all’insulino-resistenza.
È importante ricordare la scarsa probabilità che uno stato infiammatorio sia causato solo dallo zucchero. Altri fattori come stress, farmaci, il tabagismo e l’assunzione eccessiva di grassi possono anch’essi scatenare una risposta infiammatoria.
È possibile utilizzare il kit del test delle infiammazioni per testare con la kinesiologia i livelli della PCR (o CRP), dell’IL-6 cosi come delle altre sostanze che intervengono nel processo infiammatorio.
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