Il ricorso agli antiossidanti nei pazienti oncologici è efficace?
Il ricorso agli antiossidanti nei pazienti oncologici è oggetto di numerose controversie. I medici specialisti non concordano tra loro sull’utilizzo di tali molecole. In questa disamina cercheremo di essere i più oggettivi possibili, poiché si tratta di un argomento che non può essere preso alla leggera. I dati che riportiamo sono i risultati di recenti studi sull’utilizzo di antiossidanti in relazione alla terapia oncologica.
Che cosa sono gli antiossidanti e qual è il loro contributo
Gli antiossidanti sono composti chimici che neutralizzano i radicali liberi. Gli antiossidanti possono essere endogeni, in altre parole prodotti dall’organismo stesso. Oppure, possono essere esogeni, ovvero ottenuti dal tipo di cibo consumato regolarmente o provenienti dall’assunzione d’integratori alimentari.
Occorre precisare che i radicali liberi sono sostanze che possono danneggiare sensibilmente la nostra salute. Ecco perché bloccarli e neutralizzarli è considerato così importante per la prevenzione di alcune malattie come le patologie oncologiche. Questa ipotesi si basa sul principio dello stress ossidativo relativo allo sviluppo delle patologie tumorali. Un argomento che continua a generare alcune opinioni contrastanti tra i medici specialisti.
Gli antiossidanti possono arrestare il cancro?
In conformità a dati strettamente scientifici, l’utilizzo di antiossidanti può addirittura aumentare il rischio di contrarre una patologia tumorale. Una ricerca in tal senso effettuata su cavie ha evidenziato che gli antiossidanti hanno accelerato la progressione dei tumori polmonari primari. Tuttavia, tale ricerca, non ha fornito indicazioni significative sull’utilizzo di antiossidanti e sulla progressione di altri tipi di tumori.
Altri studi osservazionali analitici e anche studi caso-controllo per stabilire se l’utilizzo di integratori alimentari antiossidanti riduce il rischio di insorgenza di tumori nelle persone non hanno chiarito significativamente la questione. I risultati ottenuti sono contrastanti e privi dei bias che possono influenzare i dati raccolti in questi studi.
In sintesi, è importante considerare con assoluta cautela le informazioni ottenute da qualsiasi studio a mascheramento singolo o su animali. A tale proposito, gli specialisti si affidano maggiormente a studi controllati randomizzati i cui bias limitanti sono molto inferiori rispetto a quelli citati in precedenza. Finora, sono stati condotti pochi studi specifici di questo genere i cui risultati hanno rilevato un aumento dell’incidenza dei tumori polmonari o nessun beneficio/danno associato al consumo di antiossidanti nei pazienti affetti da patologie tumorali. L’unica evidenza ottenuta a favore degli antiossidanti è stata l’utilizzo di vitamina C e betacaroteni che si sono rivelati in grado di ridurre l’incidenza dei tumori cutanei femminili.
Il ruolo del microbiota intestinale nella prevenzione della sclerosi multipla
Ricerche recenti continuano ad avvalorare l’importanza del microbiota intestinale relativamente allo sviluppo e alla prevenzione di alcune malattie. In tale contesto, è stato individuato un collegamento tra la composizione del microbiota e alcune patologie infiammatorie del sistema nervoso centrale, come la sclerosi multipla.
Cos’è il microbiota intestinale e perché è importante
Definiamo come microbiota intestinale la flora batterica che alberga nel nostro organismo senza arrecarci alcun danno. Tale ecosistema batterico è peculiare per ciascuna persona. Inoltre, si è constatato che può persino essere diversificato tra i membri appartenenti alla stessa famiglia. È una sorta di DNA intestinale. Il microbiota inizia a costituirsi a partire dalla nascita. Il neonato entra in contatto con il microbiota materno che si sviluppa successivamente durante l’allattamento e nell’età adulta.
L’importanza attribuita al microbiota è dovuta al suo ruolo significativo nello sviluppo del sistema immunitario. Molti ricercatori ritengono che il microbiota intestinale sia il nostro secondo codice genetico, attribuendogli così la responsabilità nella predisposizione a determinate malattie.
Relazione tra microbiota e sclerosi multipla
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune e neurodegenerativa. Una recente ricerca su pazienti affetti da Sclerosi Multipla ha dimostrato che le persone a cui è stata diagnosticata questa patologia presenta, nella sua costituzione, un microbiota intestinale sbilanciato paragonato a persone non affette da tale patologia.
A quanto pare, questo sbilanciamento, è responsabile di favorire la comparsa di quei ceppi in grado di favorire i processi di attivazione infiammatoria.
Altre ricerche hanno inoltre rivelato che l’alterazione del microbiota intestinale diminuisce l’attività delle cellule Treg (T Regolatorie). Un tipo di cellule presenti nel sistema immunitario in grado di attenuare la sua risposta infiammatoria.
In sintesi, l’alterazione del microbiota stesso potrebbe essere utilizzata come terapia per ridurre gli effetti e lo sviluppo della sclerosi multipla. Per questo motivo, si utilizzano terapie basate su:
- Probiotici.
- Antibiotici specifici.
- Trapianti di microbiota fecale provenienti da un donatore sano.
- Integratori nutrizionali.
In realtà la modifica del microbiota intestinale è una ricerca ancora in fase di sviluppo e non completata al 100%, ma, secondo gli esperti, presenta un futuro davvero promettente. Attualmente, tutta la ricerca si concentra sul confronto tra il profilo microbico delle persone con sclerosi multipla e quello delle persone in buona salute per cercare di scoprire quale sia il profilo dei microrganismi che contribuiscono allo stato infiammatorio dei pazienti affetti da tale patologia.
Cos’è la moxibustione e a cosa serve?
Nel quadro delle terapie orientali tradizionali è necessario sottolineare che la moxibustione si può anche definire come il riscaldamento terapeutico di determinate aree cutanee. È una pratica della medicina tradizionale cinese che, tramite la ricerca dell’equilibrio energetico, è in grado di alleviare i sintomi di molte patologie. Scopriamo come tale pratica terapeutica opera.
In cosa consiste la moxibustione
La moxibustione è una terapia antecedente al periodo neolitico. Tuttavia, questo metodo, così come lo conosciamo oggigiorno, è stato sviluppato in Occidente durante il XVII e il XVIII secolo.
Il termine moxibustione è nato ispirandosi alla parola giapponese “moekusa” che letteralmente si traduce come “erba che brucia” in particolare significa “cauterizzare”. La terapia si effettua bruciando su una superficie un materiale che è stato previamente riscaldato. Questo metodo terapeutico consiste nell’applicazione di calore che attiva i recettori termici della cute; in tale modo, questi stimoli, competono con i sistemi di modulazione del dolore combattendolo.
I punti in cui il calore viene applicato solitamente coincidono con le aree utilizzate per l’agopuntura. Pertanto, è possibile curare alcune patologie equilibrando le funzioni fisiologiche di ogni singolo individuo.
La moxibustione utilizza la teoria dei canali. Un principio secondo il quale un organismo agisce come un sistema di reti in cui l’energia fluisce insieme al flusso sanguigno, interconnettendo ogni parte dell’organismo stesso.
Fattori esterni ed interni, come le emozioni o le energie che diventano non equilibrate, sono la causa delle carenze o dei malfunzionamenti di questo sistema. Di conseguenza, si verifica uno squilibrio energetico che causa numerose patologie e malesseri.
Utilizzi della moxibustione
L’ambito clinico della moxibustione è piuttosto vasto e comprende problematiche ginecologiche e dermatologiche, malattie croniche, disturbi pediatrici, ecc. Soprattutto, questa terapia ha un effetto particolare sul trattamento e sulla gestione del dolore. Il calore moderato penetra nell’organismo del paziente generando una piacevole sensazione che aiuta a ridurre al minimo qualsiasi tipo di fastidio.
La moxibustione è utilizzata principalmente per:
- Disturbi digestivi.
- Combattere il raffreddore, l’influenza e la tosse.
- Dolori mestruali.
- Diarrea o costipazione.
- Infortuni, lesioni e traumi dovuti alle attività sportive.
- Stanchezza e sindrome da fatica cronica.
- Scarsa capacità di concentrazione e mancanza di memoria.
- Dolori articolari, irrigidimento dorsale, artrite e artrosi.
- Disfunzioni di carattere sessuale.
- Problemi da stress e stati d’ansia.
- Rafforzare il sistema immunitario favorendo l’aumento della produzione di globuli bianchi e di emoglobina.
- Sintomi legati alla menopausa.
- Circolazione inadeguata e ulteriori problematiche ematiche.
- Alterazioni del metabolismo, ecc.
La moxibustione si applica solitamente in combinazione con l’agopuntura, poiché entrambe le terapie sono complementari e compatibili. Ciò implica che il potere curativo di entrambi è combinato per ottenere risultati soddisfacenti.
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