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CHINESIOLOGIA E DISTURBI DEL SONNO

Solitamente, i medici prescrivono un trattamento farmacologico nei casi di disturbi del sonno. Ma se questa dinamica si protrae per un periodo superiore a un mese, può determinare la comparsa di altri effetti collaterali, come il rischio di dipendenza, di depressione o di incorrere in imprevisti o incidenti durante la routine quotidiana. Pertanto, la kinesiologia applicata al ritmo circadiano costituisce un’alternativa interessante in grado di assistere le persone che accusano problemi di insonnia. 

Come opera la kinesiologia applicata ai disturbi del sonno

Innanzitutto, come si declina un disturbo del sonno? Il disturbo del sonno comprende tutte le patologie che implicano difficoltà ad addormentarsi o a mantenersi addormentati, nonché quelle in cui si manifestano comportamenti anomali durante il sonno o l’addormentamento in orari e luoghi inappropriati. Si annoverano tra i disturbi del sonno comportamenti quali narcolessia, il sonnambulismo, incubi notturni e l’insonnia, che è la modalità più diffusa tra la popolazione. 

A seconda della tipologia di disturbo del sonno, il trattamento kinesiologico sarà ovviamente differente. È stato dimostrato che i movimenti del corpo coordinati da un kinesiologo favoriscono il rilassamento del corpo e l’aumento della temperatura corporea, due fattori estremamente rilevanti per stimolare e preservare il sonno. Un altro aspetto su cui la kinesiologia interviene nei disturbi del sonno è la gestione del dolore.

In buona sostanza, l’esercizio fisico e la kinesiologia possono essere impiegati come strumenti non farmacologici in grado di ottimizzare la qualità di vita dei pazienti contribuendo a migliorare i problemi derivanti dai disturbi del sonno. 

Rilassamento come parte integrante del trattamento

I kinesiologi propongono ai loro pazienti anche diversi metodi di rilassamento per integrare i loro trattamenti. Sei stressato? Il ritmo frenetico della nostra vita è uno dei fattori più stressanti che caratterizzano la società e che pertanto incidono sulla qualità del sonno. Per tale motivo, è importante eseguire la pratica del rilassamento durante la giornata. Alcuni suggerimenti preziosi che possono essere messi in atto fin da subito sono i seguenti:

  • Non indossare abiti troppo aderenti al fine di favorire la respirazione.
  • Ritagliarsi i momenti di relax in luoghi tranquilli e privi di distrazioni. 
  • Prendersi cura della propria postura mentre si lavora, si guarda la TV o si è a letto. 
  • Praticare una respirazione controllata, concentrando l’attenzione solo sull’inspirazione e sull’espirazione, rilassando tutti i muscoli del corpo. 

Sono piccole cose che possono essere adottate autonomamente e che miglioreranno senza dubbio i problemi del sonno, l’ossigenazione del sangue, la resistenza nei confronti delle malattie e il recupero fisico e mentale. 

L’influenza esercitata dal microbiota nasale sul grado di gravità del raffreddore

I ricercatori hanno accertato che la composizione microbica dei batteri che popolano la cavità nasale influisce notevolmente sul tipo e sulla gravità dei sintomi associati al raffreddore.

Per esempio, una ricerca ha dimostrato che le persone la cui cavità nasale contiene prevalentemente batteri stafilococchi manifestano sintomi più gravi rispetto ad altre persone, come anche emerge chiaramente da nuovi studi, sebbene, i raffreddori siano riconducibili allo stesso identico ceppo di virus.

I ricercatori hanno riscontrato la presenza nei volontari di sei diversi tipi di microbioti, in base ai batteri predominanti in questa specifica area dell’organismo, per cui i partecipanti allo studio sono stati divisi in sei differenti modelli. I diversi modelli sono stati associati a differenti livelli di gravità dei sintomi. Inoltre, è stato riscontrato che le combinazioni in questione si correlano alla carica virale e alla quantità di virus del raffreddore presente nell’organismo.

La scoperta ha stupito anche i ricercatori specializzati più esperti coinvolti nella ricerca. “La prima sorpresa è rappresentata dalla possibilità di identificare queste diverse categorie in cui è possibile inserire le persone e successivamente riscontrare che le rispondenze appaiono essere importanti per definire il modo in cui si reagisce al virus, anche nel grado di severità della patologia”. Come ha affermato il ricercatore Ronald B. Turner, della facoltà di medicina dell’Università della Virginia. “Ha influito sulla carica virale e sulla quantità di virus che è stata eliminata nelle secrezioni nasali. Pertanto, il microbiota di base, il modello batterico nasale di base, ha influenzato sia il modo in cui ogni volontario ha reagito al virus sia ha inciso sulla gravità dell’iter patologico”.

Il ruolo dei microrganismi nella cavità nasale

I microrganismi che popolano le narici non provocano il raffreddore. Tale patologia è ovviamente causata dal virus del raffreddore. I ricercatori non sono ancora in grado di affermare se sono i microrganismi presenti nelle narici ad essere realmente responsabili delle diversità di gravità dei sintomi, o se questo è dovuto al fatto che sussiste una qualche caratteristica di base dell’ospite che lo rende predisposto alla presenza di stafilococchi nel naso e che lo rende anche più suscettibile di ammalarsi. Ciò appare molto probabile, ma sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinarlo.

Riportiamo comunque che questa associazione e correlazione già citata esiste, per cui è molto probabile che una maggiore percentuale di stafilococchi nelle narici provochi un aumento dei sintomi, ma che la causa scatenante sia un’altra.

Ad esempio, i geni del soggetto possono essere responsabili sia della composizione del microbiota nasale sia della reazione manifestata al virus del raffreddore. Oppure la questione può essere molto più complessa di così. “Non so se esistono caratteristiche ambientali che influenzano il soggetto, se è maggiormente esposto all’inquinamento o se è allergico o se altre, diverse, circostanze possono incidere”, ha dichiarato Turner. “Ma sospetto che esista una certa interazione tra l’ospite, l’ambiente e l’agente patogeno che determina in quale microbiota è destinato a collocarsi”.

I ricercatori hanno testato 152 microbioti nasali dei partecipanti allo studio prima e dopo aver veicolato il virus del raffreddore, escludendo la possibilità che il virus o la patologia risultante alterasse in modo significativo la composizione degli stessi.

I probiotici possono abbreviare la durata di un raffreddore?

Turner e i suoi colleghi volevano capire se somministrare alle persone probiotici (batteri benefici) poteva contribuire a migliorare i sintomi del raffreddore o influenzare la composizione dei loro microbioti. La risposta? No.

A tale scopo, i ricercatori hanno somministrato ai partecipanti allo studio un probiotico per via orale. Non solo non ha influenzato i batteri componenti il microbiota nelle cavità nasali, ma non ha nemmeno sortito un effetto significativo sui batteri del microbiota gastrico. “Possiamo rilevare il probiotico nell’intestino con estrema frequenza. Non ovunque e sempre, ma piuttosto spesso”, ha dichiarato Turner. “Non ha realmente influenzato in modo significativo il modello microbiotico intestinale.”

È possibile che la somministrazione di un probiotico direttamente nel naso e attraverso uno spray abbia più effetto. Ma Turner, che da decenni conduce ricerche sul virus del raffreddore, è scettico sul fatto che possa apportare una differenza significativa.

Al termine dello studio ha lanciato una possibile ipotesi di ricerca “Una delle cose che sarebbe interessante chiedersi, e questo sarebbe uno studio completamente diverso, è: cosa succede se si somministrano antibiotici? È possibile modificare la flora batterica presente a livello nasale somministrando antibiotici? Facendo questo si ottengono risultanze positive o negative? Sono tutte incognite.”

I ricercatori hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Scientific Reports.

Nasal microbiota clusters associate with inflammatory response, viral load, and symptom severity in experimental rhinovirus challenge. Scientific Reports, 2018; 8 (1) DOI: 10.1038/s41598-018-29793-w

Disidratazione e sovrappeso

L’equilibrio idrico dell’organismo è un elemento fondamentale nel benessere delle persone, molte patologie sono riconducibili a tale circostanza, infatti, una delle verifiche che viene effettuata come pre-test prima di eseguire il test kinesiologico è quella di accertare se l’organismo è idratato o meno, questa verifica è effettuata tirando leggermente i capelli del paziente e osservando se sussiste una risposta RA (Arm Reflex), in caso la risposta sia positiva emerge una condizione organica di disidratazione.

Il corretto equilibrio idrico organico è un aspetto fondamentale dello stato di salute. Curiosamente, la disidratazione è spesso legata al sovrappeso. Uno dei motivi per cui così tante persone soffrono di scarsa idratazione e disidratazione è l’elevato consumo di bevande gassate contenenti sostanze stimolanti come le bevande a base di cola, caffè, tè e altre bibite analcoliche. Queste persone utilizzano questi tipi di bevande come opzione principale per dissetarsi.


Le bevande citate in precedenza sono tutte considerevolmente diuretiche e quindi stimolano la minzione. Ad esempio, la teina presente nel tè o la caffeina contenuta nel caffè sono neurotossine che l’organismo raccoglie e cerca di eliminare non appena ne avverte la presenza, tramite via ematica; tale operazione provoca l’intossicazione dell’organismo.


Il modo migliore per scartare queste tossine dal sangue è quello di incrementare il consumo di acqua, diluendole e facilitandone la loro eliminazione tramite l’urina. Non va sottovalutata l’importanza di idratarsi con una quantità sostanziale di acqua, tra i tre quarti di litro e un litro e mezzo a seconda della persona e delle circostanze. Come è noto l’organismo è costituito da un’alta percentuale di acqua che varia tra il 70 e l’80% a seconda dell’età della persona; una percentuale analoga a quella contenuta nel nostro pianeta.


Ognuna delle decine di miliardi di cellule dell’organismo dipende da questo fluido purificante che dialoga con le cellule e che dona la vita; è estremamente importante e svolge innumerevoli funzioni come l’attivazione di migliaia di reazioni enzimatiche.


Spesso le cellule disidratate per proteggersi dalla perdita d’acqua rendono le loro membrane virtualmente impermeabili alla dispersione attirando al contempo i lipidi in eccesso, compreso il colesterolo. È semplicemente un meccanismo di sopravvivenza, ma con conseguenze molto gravi a lungo termine. Nelle persone fortemente disidratate tale impermeabilizzazione impedisce alle scorie metaboliche di fuoriuscire dalle cellule con conseguenze molto gravi, poiché alcune potrebbero mutare in cellule cancerose per sopravvivere all’ambiente tossico.

Inoltre, la disidratazione suscita il desiderio di alimenti salati, per questo motivo i prodotti con sale aggiunto sono così irresistibili, come popcorn, patatine fritte e snack vari. Questi alimenti, come sappiamo, sono tra i principali responsabili dell’aumento di peso e dell’obesità. I reni necessitano di trattenere questo prezioso liquido captando una quantità sufficiente di sale o di sodio e lo fanno sfruttando i sali immagazzinati nell’organismo. Questa condizione, a sua volta, amplifica gli effetti di un organismo già disidratato.


Poiché il corpo trattiene sempre più acqua o umidità attraverso l’assunzione di cibo, l’acqua si accumula nel fluido esterno delle cellule poiché, come abbiamo detto prima, le membrane impermeabili delle cellule non sono in grado di assorbire l’acqua di cui hanno così tanto bisogno.

Se questa situazione si cronicizza, dopo molti anni possiamo invertire la tendenza solo gradualmente. Un apporto repentino di acqua può causare congestione linfatica, infiammazione e talvolta persino la morte. Questa condizione è denominata “avvelenamento da acqua”, un disturbo potenzialmente grave delle funzioni cerebrali che si verifica quando il normale equilibrio elettrolitico dell’organismo crolla a causa della rapida assunzione di acqua.

È preferibile procedere gradualmente da una grave disidratazione a una reidratazione avvalendosi della consulenza di un operatore sanitario.


Sia l’acqua che i sali sono assolutamente necessari per equilibrare il metabolismo idrico e per generare sufficiente energia idroelettrica per preservare l’attività cellulare. Bere acqua ed eliminare le bevande stimolanti e debilitanti sono generalmente il primo passo nel trattamento di qualsiasi patologia. In taluni casi sarà sufficiente un’adeguata idratazione e riposo.

Avvertenze relative al collutorio a base di Clorexidina

La prima ricerca che ha analizzato l’effetto del collutorio a base di clorexidina sulla globalità del microbioma orale ha rilevato che il suo utilizzo aumenta significativamente il livello di batteri produttori di lattato che riducono in modo considerevole il pH della saliva e possono incrementare il rischio di carie dentaria.

Un team guidato dal dottor Raul Bescos della Facoltà di Scienze della Salute dell’Università di Plymouth ha trattato i candidati del trial con un collutorio placebo per sette giorni, seguito da un trattamento sempre per un periodo di sette giorni con collutorio a base di clorexidina.

Alla fine di ogni periodo, i ricercatori hanno analizzato la concentrazione e la diversità dei batteri presenti nel cavo orale, il microbioma orale e misurato il pH, la capacità tampone della saliva (la capacità di neutralizzare gli acidi nella bocca), e le concentrazioni di lattato, glucosio, nitrato e nitrito.

La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, ha rilevato che l’uso di collutorio a base di clorexidina durante il periodo di somministrazione settimanale ha determinato una proliferazione significativa di specie delle famiglie Firmicutes e Proteobacteria e una minore presenza di Bacteroidetes, TM7 e Fusobacteria. Tale differenza di concentrazione è stata associata a un aumento dell’acidità, osservato in un pH salivare decisamente più basso e in una minore capacità tampone.

Nel complesso, la clorexidina ha dimostrato di ridurre la diversità microbica nella bocca, anche se gli autori hanno evidenziato la necessità di ulteriori ricerche per determinare se tale riduzione della diversificazione batterica aumenta il rischio di malattie orali.

Una delle principali funzioni della saliva è quella di mantenere nel cavo orale un pH neutro, poiché i livelli di acidità variano a seconda di cosa si mangia e cosa si beve. Se il pH della saliva si abbassa eccessivamente, possono insorgere delle alterazioni dentali e delle mucose, dei tessuti paradontali nonché la comparsa di problematiche all’interno del cavo orale.

La ricerca ha altresì confermato i risultati di studi precedenti indicanti che la clorexidina altera la capacità dei batteri orali di convertire il nitrato in nitrito, una molecola chiave per ridurre la pressione arteriosa. Sono state riscontrate concentrazioni inferiori di saliva e nitrito nel plasma ematico dopo l’utilizzo di collutorio a base di clorexidina, con conseguente tendenza all’aumento della pressione arteriosa sistolica. I risultati, che hanno supportato precedenti ricerche condotte dall’Università, dimostrano che l’effetto di abbassamento della pressione arteriosa derivante dall’esercizio fisico si riduce significativamente quando le persone si risciacquano la bocca con un collutorio antibatterico piuttosto che con acqua.

Il dottor Bescos ha affermato: “Esiste una sorprendente scarsità in termini di conoscenze e di letteratura sottesa all’uso di questi prodotti. Il collutorio alla clorexidina è ampiamente utilizzato, ma la ricerca è stata circoscritta all’effetto che esercita su un ristretto numero di batteri legati a particolari patologie del cavo orale, inoltre la stragrande maggioranza di tali ricerche è stata condotta in vitro.

Riteniamo che questa sia la prima ricerca che esamina l’impatto provocato dall’impiego settimanale sull’intero microbioma orale umano”.

Le Dottoresse Zoe Brookes e Louise Belfield Professoresse della Facoltà di Odontoiatria Peninsula Dental School dell’università di Plymouth sono coautrici della ricerca.

La Dottoressa Belfield ha dichiarato: “In passato abbiamo decisamente sottostimato la complessità del microbioma orale e l’importanza che riveste. Storicamente, l’opinione diffusa è che i batteri sono nocivi e causano patologie. Tuttavia, ora siamo consapevoli che la maggior parte dei batteri: sia presenti nel cavo orale che nel tratto intestinale risultano indispensabili per preservare lo stato di salute dell’organismo”.

La Dottoressa Brookes ha inoltre aggiunto: “Come medici odontoiatri, necessitiamo di ulteriori informazioni su come i collutori alterano l’equilibrio dei batteri nel cavo orale, in modo tale da poterli prescrivere appropriatamente. Questo contributo è un primo passo importante per raggiungere tale obiettivo.

In considerazione della recente epidemia di COVID-19, molti odontoiatri utilizzano attualmente la clorexidina come trattamento preliminare prima di eseguire le procedure odontoiatriche. Servono urgentemente maggiori informazioni relative all’effettiva azione anti-virus”.

  • Università di Plymouth (24 marzo 2020). Il collutorio comunemente utilizzato potrebbe rendere la saliva significativamente più acida, modificare la carica microbica. ScienceDaily. Retrieved June 27, 2020)

 

Come migliorare la nostra capacità di risposta a una possibile infezione da Coronavirus

A fronte della pandemia che stiamo affrontando, la medicina tradizionale può operare efficacemente per consentire all’organismo di prepararsi adeguatamente in caso di un possibile contagio. È possibile operare in diverse direzioni, la prima della quale consiste nel miglioramento delle abitudini di vita generali delle persone, che comprende modelli di alimentazione e nutrizione, come pure il miglioramento delle condizioni di salute in generale e, in secondo luogo, il complemento mirato d’integratori al fine di incrementare le difese immunitarie e quindi, in caso di contagio, accrescere le nostre difese naturali contro quest’agente patogeno.

A tal proposito, un articolo presente in un notiziario medico sull’app WeChat redatto da Tan Ying, responsabile di un ospedale situato nella provincia cinese di Henan, illustra come la medicina tradizionale cinese è utile nel prevenire il contagio del personale sanitario dal virus Covid-19 utilizzando un preparato tradizionale a base di zenzero essiccato con liquirizia. Da parte loro, i medici più esposti al rischio di contagio sommano a questo preparato lo “ghizi tang”, una formulazione a base di cannella, così come il “fuling”, un fungo tradizionale cinese, e il “bai zhu”, ampiamente utilizzato in questa pratica medicinale ancestrale. Tali rimedi non solo rafforzano il sistema immunitario, ma anche la funzionalità della milza, organo direttamente interessato nel contrastare le infezioni virali.

Quindi, innanzitutto, analizziamo quali sono le abitudini che possono giovarci:

  • Bere molta acqua: almeno 2 litri giornalieri, giacché dovremo espellere le tossine dall’organismo.
  • Fare movimento: Evitare la sedentarietà e approfittare di qualsiasi occasione per camminare o fare esercizio fisico, non solo il vostro organismo lo apprezzerà, ma anche la vostra psiche e ciò si rifletterà sul vostro sistema immunitario e sulla generazione di globuli bianchi stimolando la circolazione.
  • Riposare adeguatamente: Cercare di rispettare gli stessi orari e di farli coincidere con i nostri ritmi circadiani, dormendo nelle ore notturne.
  • Meditare o eseguire esercizi di rilassamento: Effettuare esercizi di respirazione profonda e regolare per potersi rilassare, almeno 20-30 minuti al giorno. La vostra salute fisica e psicologica lo apprezzerà, vi aiuterà ad accrescere le vostre difese e a riposare in maniera adeguata.
  • Alimentarsi correttamente: Consumare frutta e verdura biologica, evitare alimenti fritti o grassi saturi, evitare di eccedere nel consumo di proteine e grassi animali e, qualora si mangiassero, prediligere il pesce anziché il pollame, preferendo queste fonti proteiche alla carne di manzo o di maiale.
  • Assumere vitamina C: La vitamina C incrementa le difese immunitarie, sia utilizzando gli integratori sia assumendola tramite la dieta, anche per le persone affette da malattie autoimmuni, perché modula la risposta del sistema immunitario e la aumenta. Sono disponibili terapie che consistono in un elevato dosaggio di questa vitamina utilizzate nella cura di patologie tumorali ottenendo validi risultati. (pubblicazione apparsa su “Cancer Cell“; i ricercatori dell’Università dell’Iowa (USA), Garry Buettner, Bryan Allen e Douglas Spitzen hanno evidenziato miglioramenti nel quadro clinico dei pazienti).

Inoltre, esistono diverse piante che possono esserci d’aiuto:

  • Zenzero: I componenti contenuti nello zenzero come i gingeroli e lo zingerone, grazie alle loro proprietà antinfiammatorie e antivirali, inibiscono la replicazione del virus e quindi la sua propagazione in nuovi complessi cellulari.
  • Aglio: Così come lo zenzero è antivirale e antinfiammatorio fintanto che è consumato crudo o poco cotto.
  • Echinacea: La radice è ampiamente utilizzata per aumentare le difese immunitarie in fitoterapia, spesso combinata con la propoli al fine di apportare benefici al sistema respiratorio, una caratteristica che attualmente si rivela di particolare importanza.
  • Propoli: Dal noto effetto antivirale e antinfiammatorio, è costituita da resine e balsami (50 – 55%), cera (25 – 35%), oli volatili (10%), polline (5%) e sostanze organiche e minerali (5%). Per questo motivo e per il suo effetto analgesico è utilizzata per il trattamento di patologie respiratorie come l’influenza, la sinusite, ecc. La sua azione come protettivo del sistema respiratorio è estremamente importante in quanto esercita anche un effetto curativo e rigenerante.
  • Liquirizia: Si tratta di una pianta molto specifica ideale per il trattamento dei virus dell’influenza e della polmonite. In laboratorio si è scoperto che i principi attivi contenuti in questa pianta erano in grado di debellare il virus della SARS simile al ceppo del Covid-19, tali risultanze sono state inserite in un rapporto dell’OMS stessa
  • Salvia: Pianta antivirale tradizionalmente utilizzata grazie ai suoi composti contenenti safficinolide, può essere impiegata come infuso con ottimi risultati.
  • Timo: Ottimo per la gola poiché è un valido espettorante e antisettico e aiuta anche a combattere le infezioni respiratorie e a espellere il muco.
  • Piantaggine: È particolarmente importante per questo tipo d’infezione, perché è ricca di mucillagini che servono a calmare, idratare e ammorbidire la mucosa respiratoria e favorisce il buon funzionamento dei bronchi.

Queste sarebbero alcune delle piante principali considerate ma non le sole, ce ne sono molte altre adatte per combattere una possibile aggressione da parte di un virus respiratorio, che sfortunatamente è attualmente in piena crescita a seguito della pandemia causata dal Covid-19 o Coronavirus. Non rinunciate a proteggervi e a seguire abitudini sane.

 

Angel Salazar

 

 

In che modo l’auricoloterapia può esserci d’aiuto nel trattamento delle patologie

Come ben sapete, l’auricoloterapia è una tecnica terapeutica che agisce su alcuni punti dell’orecchio esterno che vengono sollecitati al fine di diagnosticare e trattare diversi disturbi. Conosciuta anche come medicina auricolare, questa metodica ha dimostrato i suoi notevoli benefici per la salute. Vediamo come agisce e quali patologie può mitigare.

 Che cos’è l’auricoloterapia?

È Il ricorso all’agopuntura praticata nell’area dell’orecchio esterno, tale tecnica cominciò ad essere utilizzata nell’antica Cina. Tuttavia, la sua recente evoluzione è stata sviluppata su iniziativa del neurologo Dr. Paul Nogier.

Per comprendere appieno questa tecnica è necessario chiarire che il nostro orecchio racchiude un microsistema che riflette tutti gli organi, le strutture ossee ecc. presenti nel corpo umano in cui si osservano diverse mappature cerebrali evidenziate dal neuroscienziato canadese Wilder Penfield. Tali mappature sensoriali si proiettano su diverse aree del nostro organismo, in particolare nell’orecchio.
Un trattamento auricoloterapico consiste nella punturazione di diversi punti dell’orecchio esterno e di altre parti del corpo utilizzando aghi chirurgici monouso o sfere magnetiche metallizzate.

Pertanto, tutte le patologie che sono legate ad uno squilibrio organico, possono essere trattate con questa metodologia.

 L’auricoloterapia apporta sempre un beneficio. Sia che si tratti di curare, fermare il progredire della patologia, od ottenere un semplice miglioramento dei sintomi, ecc. Tali condizioni dipenderanno sempre dalla gravità e dalla cronicità della stessa nonché dalle precedenti condizioni di salute del paziente.

Patologie che possono essere trattate mediante auricoloterapia

L’effetto terapeutico dell’agopuntura praticata sull’orecchio esterno è stato documentato nel trattamento di patologie come:

  • Stati d’ansia e stress.
  • Emicrania e cefalee.
  • Paralisi facciale.
  • Rinite e sinusite.
  • Fischio all’orecchio (acufene).
  • Sindrome di Ménière.
  • Alcune tipologie di sordità.
  • Dolori cervicali.
  • Asma bronchiale.
  • Ipotensione essenziale.
  • Patologie del colon.
  • Disturbi mestruali.
  • Malpresentazione fetale.
  • Prostatite cronica.
  • Disfunzione erettile.
  • Eiaculazione precoce.
  • Infertilità maschile e femminile.
  • Malattie dermatologiche.
  • Supporto in materia di tossicodipendenza da droghe, alcool e tabacco.

Si potrebbero aggiungere ulteriori patologie a questo elenco, in quanto ogni giorno, si registrano nuovi risultati positivi dell’auricoloterapia sulla nostra salute i quali vengono pubblicati sul sito web dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’agopuntura è una componente della medicina tradizionale cinese che non distingue tra patologie, ma piuttosto tra diversi tipologie di pazienti. In altre parole, ogni caso deve sempre essere valutato individualmente e in modo personalizzato, al fine di trovare la migliore soluzione al problema.

 

Gen 17, 2019

Relazione tra la salute gengivale e il fenomeno dell’invecchiamento

la salute gengivale e il fenomeno dell'invecchiamentoLa malattia parodontale è associata a disturbi che interessano tutto l’organismo e che comprendono malattie cardiovascolari, polmonari, renali, ossee o psichiche come il morbo di Alzheimer.

Il cavo orale è “un potenziale serbatoio di batteri” in grado di favorire le malattie intestinali.

La malattia parodontale colpisce oltre il 70% delle persone di età superiore ai 65 anni.

Una dentatura e gengive non sane possono causare disturbi pressoché in ogni zona dell’organismo. Il legame più immediato è l’effetto della malattia parodontale sul microbioma del cavo orale, la comunità microbica spontanea che lo popola.

Quando è in buona salute, il microbioma orale rinforza e protegge le delicate mucose e la superficie dei denti.

Ciononostante, un’igiene orale inadeguata, nonché fattori nutrizionali e stile di vita, farmaci e malattie, possono alterare questo delicato equilibrio microbiologico.
Il risultante squilibrio microbico, comunemente definita disbiosi, favorisce la crescita eccessiva di organismi patogeni (che causano malattie) nel cavo orale.

Tale crescita eccessiva, a sua volta, danneggia il regolare funzionamento del sistema immunitario e crea un circolo vizioso che può avere effetti negativi su altri apparati organici, causando problematiche in zone dell’organismo distanti dal cavo orale.

Per prevenire tali effetti di così ampia portata, i ricercatori hanno condotto studi approfonditi sui probiotici, e, infine, hanno identificato due ceppi di batteri che possono arrestare tale processo su due livelli:

  • Streptococco salivariusM18, il quale elimina i batteri nocivi presenti nel cavo orale aiutando a riequilibrare il microbioma orale, e il
  • Lactobacillo plantarum L-137, che incrementa la risposta immunitaria orale e favorisce la guarigione.

Mentre alcuni batteri proteggono i nostri denti e le gengive, altri batteri e microrganismi causano carie e malattie parodontali. Questi ultimi scompongono i componenti alimentari denominati carboidrati fermentabili, producendo dei sottoprodotti come l’acido lattico e altri acidi organici che favoriscono la demineralizzazione dello smalto e della dentina. Tale degenerazione dello smalto determina lo sviluppo della carie.

In determinate condizioni, i batteri dannosi secernono una sostanza appiccicosa e opalescente che contribuisce a formare una bio-pellicola orale, denominata comunemente placca dentale. La placca è un’aggregazione vivente di svariati batteri e funghi che aderiscono alla superficie dello smalto del dente. Tale bio-pellicola costituirebbe la causa delle malattie dentali.

Con il trascorrere del tempo, la placca s’indurisce e assorbe diversi minerali, prendendo successivamente il nome di tartaro.

La gengivite si manifesta quando la placca stimola una risposta immunitaria nei tessuti molli che circondano i denti, causando gonfiore, irritazione e spesso un frequente sanguinamento gengivale.

Se non trattata, la gengivite può evolvere in parodontite, una condizione patologica in cui determinati batteri danneggiano le strutture di sostegno dentali, con conseguente perdita dei denti.

Recenti ricerche hanno dimostrato che la malattia parodontale ha conseguenze di vasta portata che si estendono alla maggior parte dei sistemi organici, in gran parte come risultante di alterazioni infiammatorie e altre interruzioni nel sistema di trasmissione dei segnali in tutto l’organismo. Le malattie gengivali sono oggi associate a disturbi cerebrali, cardiaci, polmonari, renali, epatici, ossei e vascolari, ognuno dei quali può incentivare l’invecchiamento e diminuire l’aspettativa di vita.

la salute gengivale

Un’azione meccanica appropriata, utilizzando spazzolini elettrici o manuali frantuma la bio-pellicola e, unitamente al risciacquo e al filo interdentale, aiuta a eliminare i carboidrati fermentabili. Ciononostante, si può intervenire in maniera più incisiva per combattere ciò che è essenzialmente un nemico batterico.

Una buona notizia è che il riequilibrio del microbioma orale può ridurre la formazione di placca ricca di batteri, con la conseguente significativa riduzione della risposta infiammatoria in tutto l’organismo.

Ciò equivale a dire che il miglioramento della salute dei nostri denti e delle gengive è vitale non solo per le strutture orali, ma anche per la tutela della nostra salute praticamente in ogni sistema del nostro organismo.

Congiuntamente, questi due ceppi probiotici benefici descritti in quest’articolo, riequilibrano il microbioma e aumentano le difese immunitarie del cavo orale. I ricercatori hanno dimostrato che tale azione, a sua volta, inibisce la malattia parodontale e protegge la salute generale dell’organismo.

 

Dic 26, 2018

Perché gli integratori a base di vitamina B12 contengono cianuro?

integratori a base di vitamina B12

All’insaputa della maggioranza dei consumatori, il cianuro si trova in una vasta gamma di vitamine e alimenti sotto forma di cianocobalamina.
Fortunatamente, ha un potenziale di dannosità estremamente basso poiché il cianuro è organicamente legato alla cobalamina (vitamina B12), che contribuisce a eliminarlo dall’organismo. Tuttavia, tale molecola si eliminerà in modo adeguato, a condizione che, l’organismo sia in buona salute e fisiologicamente risponda in maniera ottimale e che la persona non sia esposta in modo significativo al cianuro o a composti xenobiotici correlati.

La cianocobalamina si rinviene nel 99% delle vitamine contenenti B12 presenti sul mercato, poiché è relativamente economica (estratta dai fanghi di depurazione attivi o prodotta mediante sintesi chimica totale) e stabile (non deperibile).
Nonostante la sua ampia diffusione, non è la forma ideale di assunzione di vitamina B12, poiché il cianuro deve essere eliminato dalla cobalamina prima che possa svolgere le sue indispensabili funzioni biologiche nell’organismo. Sebbene siano in corso molte ricerche sul valore potenziale della vitamina B12 associata al cianuro, essa può potenzialmente causare problematiche ed eventuali danni.

Di fatto, quando una persona soffre di avvelenamento da cianuro, come a volte accade dopo l’inalazione di fumi o vapori contenenti tale sostanza e viene dunque sottoposta a terapia, che sostanza gli viene somministrata? L’Idrossicobalamina è sostanzialmente una forma naturale della vitamina b12 la quale legandosi con facilità al cianuro si trasforma in cianocobalamina (rendendolo dunque depurabile e idoneo a essere eliminato). Tale sostanza è poi rapidamente espulsa dall’organismo attraverso i polmoni e i reni.

Vitamina B12

Le persone con un carico corporeo maggiore o una maggiore esposizione al cianuro, come i fumatori, hanno meno probabilità di essere effettivamente in grado di depurare il cianuro in eccesso che assumono tramite la propria dieta o tramite gli integratori, rendendo i livelli solo apparentemente benefici riscontrati in alcune vitamine e alimenti un problema reale.

In realtà, questa non è la prima volta che emerge la possibile tossicità della cianocobalamina. Già nel 1992 è stato pubblicato un rapporto della Royal Society of Medicine degli Stati Uniti, in cui si sostiene la tesi della sospensione di questa sostanza dall’utilizzo negli integratori vitaminici. Un ulteriore ricerca pubblicata nel 1997 sulla rivista Blood, ha dimostrato che la cianocobalamina “antagonizza la vitamina B12 in vitro e causa la morte cellulare per carenza di metionina“.
Il cianuro in forma non vitaminica, ovviamente, è estremamente tossico. È interessante notare che la cianocobalamina è classificata come un pericoloso inquinante ambientale (se disperso in atmosfera) noto per causare gravi problemi di salute.

Un approccio completamente diverso per mantenere livelli adeguati di vitamina B12 è il sostegno al microbiota intestinale, tali batteri benefici infatti, sono responsabili della produzione di questa indispensabile vitamina. Ad esempio, il Lactobacillus reuteri è stato studiato per le sue proprietà generatrici di vitamina B12. Altre risorse alimentari utilizzabili come fonte di B12 bio-disponibile sono i funghi bianchi (champignon)la spirulina e la clorella.

 La forma biochimica ideale della vitamina B12 come integratore è rappresentato dalla metilcobalamina, che, sebbene più costosa, è in grado di essere assorbita molto bene a livello sublinguale diventando prontamente disponibile dalle cellule sotto forma di metile.
Si deve inoltre rilevare che la categoria di farmaci noti come inibitori della pompa protonica (bloccanti del reflusso gastro-esofageo) impediscono l’assorbimento della vitamina B12 così come gli alimenti cucinati nel microonde subiscono l’inattivazione di tale vitamina.

 Infine, occorre tener presente che se durante l’esecuzione del nostro test delle vitamine, osserviamo una carenza di vitamina B12, dobbiamo valutare se il problema deriva dal tipo di dieta (dieta ipo-proteica) del paziente o eseguire un test dell’apparato digestivo per valutare la possibilità di un eventuale problema a carico delle mucose, infezioni latenti, metalli pesanti o qualsiasi altra causa che ne abbia ridotto la capacità di assorbimento.

 

Nov 20, 2018

Ripristinare la mucosa gastrica e debellare l’Helicobacter Pylori senza l’utilizzo di antibiotici

gastrite e l’ulcera peptica

Nello stomaco l’acidità, determinata dalla presenza dell’acido cloridrico, è particolarmente benefica poiché agisce come difesa primaria contro le infezioni e come supporto nelle prime fasi della digestione.

L’organismo protegge i propri tessuti delicati dagli acidi gastrici con meccanismi che richiedono un perfetto bilanciamento.

Il meccanismo di difesa più importante è costituito dalle cellule ossintiche, dette anche cellule parietali. Tali cellule ricoprono il rivestimento dello stomaco, secernendo uno spesso strato di muco protettivo.

Tuttavia, se le difese naturali dell’organismo contro gli acidi gastrici sono compromesse, tale fenomeno può provocare disturbi digestivi come la gastrite e l’ulcera peptica.

La gastrite è un’infiammazione delle pareti che formano il rivestimento dello stomaco. Non sempre è sintomatica, ma quando i sintomi insorgono, si possono manifestare dolori addominali, nausea, vomito e disturbi digestivi. Mentre tale processo può essere innescato da una molteplicità di fattori, una delle cause più comuni è l’infezione causata dal batterio H. pylori.

L’Helicobacter Pylori è una delle principali cause di disturbi gastrici e intestinali, come ulcere gastriche e duodenali (il tratto iniziale dell’intestino tenue), gastrite e tumore gastrico.

Con il trascorrere del tempo, il batterio H. pylori erode la barriera della mucosa gastrica, essenziale per la sua la funzione protettiva, indebolendo ed esponendo il tessuto dello stomaco e dell’intestino tenue agli effetti degli acidi aggressivi prodotti dall’alimentazione e dalla digestione.

Una volta infiltrato nel rivestimento della mucosa, tale batterio sottopone la mucosa ai metaboliti tossici da esso prodotti, causando un afflusso di cellule flogistiche provenienti dal sistema immunitario attraverso la secrezione di potenti “fattori di virulenza”.

Tali proteine batteriche bloccano la normale funzione di alcune cellule immunitarie, aumentando la produzione di radicali liberi e stimolando inoltre un altro gruppo di cellule immunitarie a produrre citochine infiammatorie (messaggeri incaricati di trasmettere il segnale a nuove cellule flogistiche che si dirigono in quell’area).

Il batterio H. pylori può essere trattato efficacemente con la somministrazione di antibiotici. Tuttavia, vi sono evidenze convincenti che la combinazione peculiare di zinco minerale associato al peptide carnosina di origine ammino-acidica, permette un’azione efficace contro il batterio H. pylori ripristinando le condizioni di sicurezza per la salute gastrica.

L’integrazione con zinco, nel corso degli anni, ha dimostrato di fornire effetti gastro-protettivi e il nutriente carnosina può aumentare ulteriormente tali effetti. La zinco-carnosina offre un approccio integrale nell’affrontare problemi gastrici come gastrite e ulcere peptiche.

Innanzitutto, tale approccio, elimina la fonte del problema accelerando l’eliminazione dell’H. pylori. È inoltre stato dimostrato che neutralizza i radicali liberi e riduce gli stati infiammatori.

Oltre ad aumentare la produzione di un fattore di crescita, importante per riparazione delle lesioni gastriche, il legame zinco-carnosina ripara anche il rivestimento mucosale danneggiato stimolando la secrezione di nuova mucosa gastrica.

Le ricerche effettuate su soggetti umani hanno potuto dimostrare tale efficacia mostrando come i sintomi associati alle ulcere possono essere ridotti mentre l’area danneggiata viene risanata o guarita.

mucosa gastrica.

Nell’ambito di tale ricerca, gli scienziati hanno somministrato 150 mg di zinco-carnosina al giorno a 25 pazienti cui sono state diagnosticate ulcere gastriche.

Dopo un periodo di otto settimane, i risultati hanno evidenziato una;

  • percentuale di riduzione del 63,6% dell’acidità gastrica,
  • percentuale di riduzione delle eruttazioni dell’80%,
  • percentuale di riduzione della nausea del 66,7%,
  • percentuale di riduzione del 76,9% della distensione addominale, e
  • riduzione del 71% della sensibilità gastrica.

Inoltre, i ricercatori hanno potuto verificare:

  • la totale sparizione del dolore notturno nel 91% dei partecipanti al programma di studio e
  • la guarigione nel 65% dei soggetti esaminati durante la valutazione endoscopica.

Ma non sono solo queste le prove scientifiche che possono aiutarci nel processo di trattamento contro l’H. Pylori.  Gli scienziati hanno condotto ricerche su circa 700 ceppi di specie di Lactobacillus, identificando un ceppo, il Lactobacillus Reuteri, in grado di legarsi agli organismi di H. pylori e di eliminarli in modo innocuo dal tratto gastrointestinale.

Con l’aiuto di questo particolare ceppo, il numero di batteri H. pylori che soggiornano nello stomaco può essere notevolmente ridotto, senza la necessità di utilizzare trattamenti antibiotici.

Se volete essere aiutati dalla kinesiologia per diagnosticare un’infezione da H. Pylori è possibile utilizzare il kit di test dei batteri, e per valutare lo stato del proprio sistema digerente, comprese le mucose, lo stomaco, il duodeno, l’intestino tenue e crasso, è possibile utilizzare il kit di test degli organi.

 

Lug 13, 2018

Come ricostituire la flora intestinale dopo la terapia antibiotica

la flora intestinale dopo la terapia antibiotica

Gli antibiotici concorrono a eliminare i batteri nocivi consentendo di salvare vite umane, ma il loro effetto è indubbiamente non selettivo. Le forme batteriche benefiche, che risiedono nel tratto intestinale e che sono essenziali per la buona salute dell’organismo, vengono distrutte insieme ai batteri patogeni.
Questo è controproducente per il nostro intestino e per la salute generale dell’organismo. Fortunatamente, esistono diversi metodi per ripristinare la flora intestinale dopo l’assunzione di antibiotici.

Indicazioni e suggerimenti per ricostituire la flora intestinale dopo la terapia antibiotica

I probiotici sono la chiave di volta per ripristinare il microbioma intestinale dopo la somministrazione di antibiotici.

I probiotici sono forme batteriche benefiche che si trovano naturalmente negli alimenti fermentati. Devono essere ingeriti quotidianamente per ristabilire la proliferazione batterica benefica nel tratto gastrointestinale, la quale è stata compromessa dalla somministrazione di antibiotici. Tale risultato può essere ottenuto con alimenti fermentati, anche definiti come “alimenti vivi” e integratori probiotici.

Dopo la somministrazione di antibiotici, è fondamentale introdurre gradualmente vari alimenti fermentati nella propria dieta. Non concentrarsi su un particolare alimento, ma piuttosto alternarlo ad altri e sperimentare gli effetti benefici indotti. Diversificare è la chiave per mantenere un intestino sano e un forte sistema immunitario.

Ogni tipo di alimento fermentato contiene i propri ceppi di batteri, utili nella “semina” per cominciare a riequilibrare il proprio “giardino” intestinale. Di seguito, alcuni alimenti fermentati tra cui scegliere:

  • yogurt
  • latticello
  • kefir
  • zuppa di barbabietola
  • Crauti
  • kimchi
  • miso
  • kombucha

I probiotici

I probiotici sotto forma di integratori devono essere assunti regolarmente dopo l’utilizzo degli antibiotici. Essi forniscono un apporto costante di batteri benefici. Si consiglia di assumere, per ogni settimana di assunzione di antibiotici, almeno un mese di integratori probiotici.

Di seguito sono elencati alcuni dei ceppi batterici da ricercare in un probiotico di qualità.

  1. acidophilus
  2. fermentum
  3. plantarum
  4. rhamnosus
  5. salivarius
  6. bifidum
  7. Longum
  8. Lactis
  9. Casei
  10. Helveticus

I ceppi devono essere protetti in capsule gastro-resistenti in modo tale che gli acidi presenti nello stomaco non siamo in grado di attaccarli e che possano raggiungere, non digeriti, l’intestino crasso e il colon.

Affinché i batteri si reinsedino nuovamente nell’intestino dopo l’assunzione di antibiotici, devono essere “alimentati” con prodotti ad elevato contenuto di fibre.

I batteri benefici nell’intestino si nutrono di fibre non digeribili, cioè composti e fibre che il nostro organismo non può digerire ma che sono utilizzabili come alimento per i batteri benefici.
I batteri scompongono queste fibre durante il processo di fermentazione. I sottoprodotti di questo processo di fermentazione includono diverse vitamine e composti che supportano il nostro sistema immunitario e acidi grassi essenziali che forniscono energia alle cellule che compongono la parete intestinale.

Di seguito alcuni esempi di alimenti ad elevato contenuto di fibre che contribuiscono a migliorare la salute intestinale: asparagi, carciofi, zucchine, cavoli, cipolle, aglio, porri, legumi, noci, semi, banane verdi, frutti interi.

Si consiglia inoltre di acquistare frutta e verdura di produzione locale.

La frutta e la verdura coltivate a livello locale contengono batteri e organismi del suolo che sono tipici del clima e dell’ambiente in cui vi trovate. Fanno parte dell’ecosistema personale e possono contribuire a rendere l’organismo più compatibile al polline o agli allergeni locali.
Si può assumere il brodo d’ossa, questo è un probiotico naturale ed è ricchissimo di collagene curativo.
La frutta e la verdura cotte al forno sono più facilmente digeribili di quelle crude.
In particolare, è possibile consumare le mele cotte al forno, il procedimento di cottura aiuta a rilasciare la pectina che contribuisce a regolarizzare le funzioni intestinali.

 Si consiglia di aggiungere un po’ di olio extra vergine di cocco ai piatti bolliti o stufati. L’olio di cocco è una delle principali fonti di acidi grassi a catena media (MCT/MCFA).

La sovra-produzione di gas intestinale si forma quando i batteri benefici scompongono le fibre alimentari attraverso la fermentazione ed è uno dei sintomi più comuni quando si inizia ad utilizzare i probiotici.

L’eccesso di gas può essere particolarmente accentuato dopo un ciclo di antibiotici, quando è mutato l’intero ph intestinale. Occorre comprendere che la presenza di gas è fisiologica ed è un segnale che i batteri benefici stanno agendo efficacemente. Normalmente, dopo due o quattro settimane, il ph si normalizza e tale processo si riduce.

È possibile introdurre nell’alimentazione i probiotici gradualmente, o se lo si ritiene necessario, non assumerli per un giorno o due in modo tale da far progredire l’attività batterica più lentamente.

 

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