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Stress e salute

Uno stile di vita stressante in cui si dedica poco tempo a sé stessi può alterare il delicato equilibrio dell’organismo. In questo contesto, sussistono fattori scatenanti fondamentali che non si limitano alla sola attività lavorativa. Non avere abbastanza tempo da dedicarsi è di per sé uno dei principali motivi di insoddisfazione che possono determinare un grave squilibrio ormonale.

La collera e l’insoddisfazione provocano un effetto devastante sull’organismo, inducendo la produzione di una quantità eccessiva di adrenalina e noradrenalina rispetto alla secrezione normale prodotta dalle ghiandole surrenali e veicolata nel flusso sanguigno. Di conseguenza, e se questa condizione non è cronicizzata, tale squilibrio ormonale incrementa la frequenza e l’intensità del battito cardiaco, aumenta la pressione arteriosa e comprime i vasi sanguigni delle ghiandole, in particolare della porzione escretrice, annesse all’apparato digerente. Inoltre, riducendo il flusso dei succhi digestivi, compresi i succhi gastrici e la bile, si rallentano i movimenti intestinali quindi la capacità di assorbimento degli alimenti inibendo l’escrezione di urina e feci, cioè, in buona sostanza, si determinano stati costipativi.

Tale condizione comporta, tra l’altro, la non corretta funzionalità dell’apparato digerente, impedendo di fatto la corretta digestione degli alimenti, di conseguenza, favorendo l’accumulo di una notevole quantità di sostanze di scarto nell’organismo. Ciò determina un effetto congestizio sulla risposta allo stress causando un notevole malessere a livello cellulare che l’organismo percepisce come disordine psicologico.

È noto, grazie a una serie di ricerche, che lo stress cronico, o meglio l’incapacità di controllare tale stato, è il responsabile del 90% circa delle patologie comunemente indicate come psicosomatiche. Per ovviare a tale problematica si rende necessario non solo un’accurata depurazione a livello emuntorio (reni, fegato, intestino) e un ristabilimento dell’equilibrio della flora intestinale, ma è anche imprescindibile prevedere un trattamento che concorra a migliorare il rilassamento psicologico e che rafforzi il nostro autocontrollo emotivo.

Test stress cronico

In kinesiologia è possibile dimostrarlo mediante un test diagnostico utilizzando un kit per il sistema endocrino dove è contenuta una fiala della cosiddetta sostanza P, un neurotrasmettitore coinvolto nell’aumento della risposta infiammatoria e nella regolazione della risposta allo stress e all’ansia. Questo neuropeptide è implicato nella permeabilità cellulare. In presenza di uno stimolo da stress, potenzialmente tossico o dannoso per l’organismo, e in condizioni di funzionalità fisiologica ottimale, la sostanza P si attiva, impedendo il transito delle tossine nella Barriera Emato-encefalica (BEE) quindi evitando che raggiungano il cervello danneggiandolo.

È possibile, inoltre, avvalorare questa diagnosi testando la fiala di cortisolo che normalmente risulterà in percentuale più significativa rispetto ai parametri standard nelle fasce pomeridiane e serali, impedendo così un corretto riposo.

Una risposta positiva e prioritaria a queste sostanze nel test rappresenterebbe un vero e proprio ostacolo al controllo dell’ansia e dello stress da parte del paziente e, di conseguenza, comporterebbe anche la possibilità di favorire a lungo termine i processi infiammatori e le malattie degenerative metaboliche e cancerogene.

Pertanto, nel trattamento che dobbiamo instaurare a livello depurativo dobbiamo anche affiancare un cambiamento di abitudini e un percorso che conduca a un rilassamento psicologico e soprattutto che incentivi l’autocontrollo emotivo prevedendo diverse terapie di rilassamento e pratiche come la meditazione, lo yoga, l’esercizio fisico, l’ascolto di musica rilassante, ecc.

Avvertenze relative al collutorio a base di Clorexidina

La prima ricerca che ha analizzato l’effetto del collutorio a base di clorexidina sulla globalità del microbioma orale ha rilevato che il suo utilizzo aumenta significativamente il livello di batteri produttori di lattato che riducono in modo considerevole il pH della saliva e possono incrementare il rischio di carie dentaria.

Un team guidato dal dottor Raul Bescos della Facoltà di Scienze della Salute dell’Università di Plymouth ha trattato i candidati del trial con un collutorio placebo per sette giorni, seguito da un trattamento sempre per un periodo di sette giorni con collutorio a base di clorexidina.

Alla fine di ogni periodo, i ricercatori hanno analizzato la concentrazione e la diversità dei batteri presenti nel cavo orale, il microbioma orale e misurato il pH, la capacità tampone della saliva (la capacità di neutralizzare gli acidi nella bocca), e le concentrazioni di lattato, glucosio, nitrato e nitrito.

La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, ha rilevato che l’uso di collutorio a base di clorexidina durante il periodo di somministrazione settimanale ha determinato una proliferazione significativa di specie delle famiglie Firmicutes e Proteobacteria e una minore presenza di Bacteroidetes, TM7 e Fusobacteria. Tale differenza di concentrazione è stata associata a un aumento dell’acidità, osservato in un pH salivare decisamente più basso e in una minore capacità tampone.

Nel complesso, la clorexidina ha dimostrato di ridurre la diversità microbica nella bocca, anche se gli autori hanno evidenziato la necessità di ulteriori ricerche per determinare se tale riduzione della diversificazione batterica aumenta il rischio di malattie orali.

Una delle principali funzioni della saliva è quella di mantenere nel cavo orale un pH neutro, poiché i livelli di acidità variano a seconda di cosa si mangia e cosa si beve. Se il pH della saliva si abbassa eccessivamente, possono insorgere delle alterazioni dentali e delle mucose, dei tessuti paradontali nonché la comparsa di problematiche all’interno del cavo orale.

La ricerca ha altresì confermato i risultati di studi precedenti indicanti che la clorexidina altera la capacità dei batteri orali di convertire il nitrato in nitrito, una molecola chiave per ridurre la pressione arteriosa. Sono state riscontrate concentrazioni inferiori di saliva e nitrito nel plasma ematico dopo l’utilizzo di collutorio a base di clorexidina, con conseguente tendenza all’aumento della pressione arteriosa sistolica. I risultati, che hanno supportato precedenti ricerche condotte dall’Università, dimostrano che l’effetto di abbassamento della pressione arteriosa derivante dall’esercizio fisico si riduce significativamente quando le persone si risciacquano la bocca con un collutorio antibatterico piuttosto che con acqua.

Il dottor Bescos ha affermato: “Esiste una sorprendente scarsità in termini di conoscenze e di letteratura sottesa all’uso di questi prodotti. Il collutorio alla clorexidina è ampiamente utilizzato, ma la ricerca è stata circoscritta all’effetto che esercita su un ristretto numero di batteri legati a particolari patologie del cavo orale, inoltre la stragrande maggioranza di tali ricerche è stata condotta in vitro.

Riteniamo che questa sia la prima ricerca che esamina l’impatto provocato dall’impiego settimanale sull’intero microbioma orale umano”.

Le Dottoresse Zoe Brookes e Louise Belfield Professoresse della Facoltà di Odontoiatria Peninsula Dental School dell’università di Plymouth sono coautrici della ricerca.

La Dottoressa Belfield ha dichiarato: “In passato abbiamo decisamente sottostimato la complessità del microbioma orale e l’importanza che riveste. Storicamente, l’opinione diffusa è che i batteri sono nocivi e causano patologie. Tuttavia, ora siamo consapevoli che la maggior parte dei batteri: sia presenti nel cavo orale che nel tratto intestinale risultano indispensabili per preservare lo stato di salute dell’organismo”.

La Dottoressa Brookes ha inoltre aggiunto: “Come medici odontoiatri, necessitiamo di ulteriori informazioni su come i collutori alterano l’equilibrio dei batteri nel cavo orale, in modo tale da poterli prescrivere appropriatamente. Questo contributo è un primo passo importante per raggiungere tale obiettivo.

In considerazione della recente epidemia di COVID-19, molti odontoiatri utilizzano attualmente la clorexidina come trattamento preliminare prima di eseguire le procedure odontoiatriche. Servono urgentemente maggiori informazioni relative all’effettiva azione anti-virus”.

  • Università di Plymouth (24 marzo 2020). Il collutorio comunemente utilizzato potrebbe rendere la saliva significativamente più acida, modificare la carica microbica. ScienceDaily. Retrieved June 27, 2020)

 

Test per il rilevamento delle intossicazioni derivanti da metalli pesanti

Si tratta di un fenomeno in costante aumento nella popolazione; si rileva, infatti, quotidianamente, un numero crescente di casi di intossicazioni causate dall’utilizzo di amalgami dentali contenenti argento e mercurio utilizzati nelle otturazioni, dall’inoculazione di vaccini contenenti alluminio e mercurio come coadiuvante conservativo o dalla presenza, a volte, di numerosi metalli contaminanti rilasciati dalle tubature disciolti nell’acqua potabile.

Purtroppo la concentrazione di metalli pesanti che causano l’intossicazione dell’organismo non può essere evidenziata tramite un esame delle urine o ematico, salvo che questi composti non si trovino a livello transitorio. In genere i metalli pesanti si depositano nel tessuto adiposo o nell’apparato scheletrico.

Gli organi maggiormente colpiti dai metalli pesanti sono i reni, il fegato, il cervello e, in subordine, l’apparato scheletrico e la tiroide.

Per testare la presenza di metalli pesanti si fa riferimento a muscoli in particolare:

  • Il grande pettorale capo clavicolare (il 99% delle volte fornisce una risposta positiva).
  • Psoas (100% di risposte positive)

Test effettuato utilizzando la kinesiologia olistica

Bisogna tendere le braccia, ma incrociandole, se questo movimento provoca una risposta AR, ciò indica che la persona è soggetta a una concentrazione di metalli pesanti. È possibile utilizzare anche il filtro di mercurio solubilis a 12 DH. Occorre inoltre verificare che la risposta AR sia prioritaria.

Determinato che sussiste questo problema e che è in atto un’intossicazione occorre accertare quale sia il metallo specifico che la produce. I metalli che più comunemente costituiscono il 99% del totale delle intossicazioni derivanti da metalli pesanti sono: piombo, mercurio, alluminio, arsenico, cadmio, nichel, rame. Il kit di metalli pesanti è composto di tutte le fiale specifiche per il rilevamento del tipo di metallo che intossica il nostro organismo.

Per testare le tossicità specifiche di ciascuno, si utilizza un filtro di tali metalli alla soluzione omeopatica 12 DH.

Individuata la causa della tossicità, è necessario identificare gli organi interessati, nel 99% dei casi ci si riferisce a cinque organi: reni, fegato, cervello, apparato scheletrico o tiroide.

Ciò potrà essere effettuato tramite un nuovo test, che comprenderà la ripresa RA sopra menzionata e cominciando a testare utilizzando i filtri organo-specifici; qualora occorresse un mutamento informativo e si trattasse di una priorità, otterremo quale organo principale sarà interessato.

Non si devono trascurare le risposte ottenute da questo tipo di test poiché è fondamentale evitare qualsiasi tipo di patologia neurologica, come la candidosi, strettamente correlata alla contaminazione derivante da metalli pesanti, essendo noto, che tali substrati, sono un ottimo terreno di coltura della candida e dei parassiti; tali patologie possono causare diversi squilibri a livello organico, come il morbo di Parkinson, la Sla, il morbo di Alzheimer o scompensi endocrini, che potrebbero avere un’origine nella concomitanza di entrambe le patologie.

Il trattamento sarà stabilito in base alla gravità della tossicità e al livello di contaminazione del paziente.

Come abbiamo già commentato nell’articolo Individuazione di metalli pesanti nell’organismo del 31 marzo 2015, nei casi molto gravi ci si avvarrà dell’omeopatia, nella fattispecie dell’EDTA (acido etilendiamminotetraacetico) o del DMPS (dimercaptopropanolo solfato) o del DMSA (acido dimercaptosuccinico). Nei casi meno gravi o intermedi si utilizzeranno oligoelementi quali il selenio o lo zolfo e ci si avvarrà della medicina ortomolecolare con l’impiego di amminoacidi solforati o composti quali l’MSM o l’aglio. Nei casi che presentano minore contaminazione di useranno piante o alghe quali la clorella o lo zenzero.

I drenanti omeopatici quali solidago, berberis, galium, toex e altri possono risultare fondamentali nelle prime fasi di disintossicazione di fegato, reni e cervello.

 

Testaje del sistema immunitario

Gli esseri umani sono dotati dalla nascita di un sistema immunitario incaricato di gestire le aggressioni microbiche endogene ed esogene. Durante le prime fasi della vita, il sistema impara a riconoscere ciò che è proprio dell’organismo e a differenziarlo da ciò che non lo è. In tale modo si sviluppa ciò che definiamo come tolleranza immunologica e quando questa regredisce si manifestano le cosiddette patologie autoimmuni. A volte il sistema manifesta reazioni eccessive come l’ipersensibilità, le intolleranze alimentari o allergie nei confronti di sostanze che, in linea di principio, dovrebbero essere innocue.

Gli organi produttori primari e di differenziazione dei linfociti sono il midollo osseo e il timo e secondari per la captazione ed elaborazione di antigeni come la milza:

  • Midollo osseo: fabbrica sia le cellule staminali che le cellule ematiche.
  • Timo: è l’organo dove si differenziano i linfociti T.
  • Milza: è l’organo dove si differenziano i linfociti B.
  • Tonaca intestinale: svolge una funzione fondamentale a livello immunitario, è essenziale quindi che funzioni perfettamente per prevenire l’ingresso di agenti patogeni nel sangue e nel sistema linfatico. In essa sono contenute le Placche del Peyer, raggruppamenti di tessuto linfatico non capsulato, localizzate nella sottomucosa dell’intestino che regolano le difese immunitarie di tutte le tonache dell’organismo.

Dobbiamo distinguere tra le difese innate interne o non specifiche che sarebbero:

  • Le cellule Natural Killer o NK, sono cellule citotossiche che causano la distruzione delle cellule infette.
  • Interferoni che generano enzimi antivirali.
  • Ulteriori sostanze costituite da complessi proteici macromolecolari che vengono sintetizzati nel fegato e che si diffondono tramite la circolazione ematica.

Inoltre, difese specifiche o acquisite le quali si sviluppano solo come risposta alla penetrazione di un particolare agente esterno. Tali difese principali sono:

  • Cellule: Linfociti
  • Immunità umorali: Anticorpi.

Tra gli anticorpi segnaliamo le immunoglobuline tipo M o Ig-M e le immunoglobuline tipo G e Ig-G. Il tipo M appare in prima istanza indicandoci che l’infezione è presente, l’anticorpo di tipo G viene prodotto in seguito segnalando che l’infezione è un processo ormai pregresso.

Inoltre, sussistono altre classi di anticorpi: tipo A, tipo D o tipo E. Questi ultimi sono quelli che mediano durante i processi allergici.

È altresì necessario evidenziare il ruolo dell’intestino tenue nelle difese immunitarie dove sono presenti le placche di Peyer che costituisce il centro di controllo immunitario di tutte le mucose dell’organismo (occhi, naso, vescica…).

In questo contesto, esamineremo le sostanze che influiscono sull’immunomodulazione, ovvero integratori che non solo stimolano il sistema immunitario, ma lo adattano alla situazione specifica, inducendolo ad autoregolarsi ossia aumentando e diminuendo la sua interazione a seconda delle necessità. Ciò è particolarmente importante nei casi in cui le problematiche autoimmuni richiedono un adattamento al processo di difesa dell’organismo.

Si possono caratterizzare in base ai loro apporti funzionali che regolano la difesa immunitaria:

  • Aumento dei linfociti tipo B: Zinco, Coenzima Q 10, Echinacea e Baptisia falso indaco.
  • Stimolazione generale del timo: Vitamina A + C + E, Beta-carotene, Vitamina B in particolare i gruppi B2, B3 e B6, Timo, Germanio, Magnesio e acidi grassi essenziali.
  • Stimolazione dei linfociti T4: Echinacea, Arpagofito, Selenio, Rame (oligoelemento) e Tuia
  • Stimolazione delle cellule killer: Selenio, Eleuterococco e Germanio.
  • Riduzione dei linfociti T8: Un eccesso di T8, essendo frenante per il sistema immunitario, non è un vantaggio poiché ostacola la risposta difensiva necessaria alla presenza di virus o di Candida; si usa il Litio (in orotato) per un breve periodo di tempo.

Il Test del sistema immunitario

Come si testa: Per il test generale si utilizzeranno i seguenti filtri del test basico ampliato:

  • Milza D4.
  • Timo D4
  • Sistema reticoloendoteliale (RES) o sistema fagocitario mononucleare (MPS).
  • Sistema immunitario intestinale.
  • Mucosa intestinale.

Se sussiste una risposta AR su uno di questi test, significa che le difese immunitarie sono basse. Si individuerà il livello d’informazione dove si verificherà questo insuccesso (la causa può anche essere psichica, di stress, energetica ecc.).

In aggiunta all’utilizzo delle fiale del sistema immunitario intestinale possiamo usare il GALT (sistema linfatico associato alla tonaca intestinale), il MALT (sistema linfatico associato a tutte le tonache dell’organismo) e i filtri del midollo osseo. Se vogliamo fare un test più approfondito, possiamo trovare molte più alternative nel kit di immunità.

Se sussiste una risposta AR in qualunque test effettuato, ciò dipende dalla presenza di difese immunitarie basse, quindi occorre stabilire a quale livello e dove si trova il problema (può essere anche una causa psichica, di stress, o emotiva).

Si può inoltre verificare se sussiste uno stato di autoimmunità con la fiala che verifica la tendenza autolesionistica, in tal caso, gli integratori consigliati in questo articolo saranno molto utili per tali pazienti.

Angel Salazar

Come migliorare la nostra capacità di risposta a una possibile infezione da Coronavirus

A fronte della pandemia che stiamo affrontando, la medicina tradizionale può operare efficacemente per consentire all’organismo di prepararsi adeguatamente in caso di un possibile contagio. È possibile operare in diverse direzioni, la prima della quale consiste nel miglioramento delle abitudini di vita generali delle persone, che comprende modelli di alimentazione e nutrizione, come pure il miglioramento delle condizioni di salute in generale e, in secondo luogo, il complemento mirato d’integratori al fine di incrementare le difese immunitarie e quindi, in caso di contagio, accrescere le nostre difese naturali contro quest’agente patogeno.

A tal proposito, un articolo presente in un notiziario medico sull’app WeChat redatto da Tan Ying, responsabile di un ospedale situato nella provincia cinese di Henan, illustra come la medicina tradizionale cinese è utile nel prevenire il contagio del personale sanitario dal virus Covid-19 utilizzando un preparato tradizionale a base di zenzero essiccato con liquirizia. Da parte loro, i medici più esposti al rischio di contagio sommano a questo preparato lo “ghizi tang”, una formulazione a base di cannella, così come il “fuling”, un fungo tradizionale cinese, e il “bai zhu”, ampiamente utilizzato in questa pratica medicinale ancestrale. Tali rimedi non solo rafforzano il sistema immunitario, ma anche la funzionalità della milza, organo direttamente interessato nel contrastare le infezioni virali.

Quindi, innanzitutto, analizziamo quali sono le abitudini che possono giovarci:

  • Bere molta acqua: almeno 2 litri giornalieri, giacché dovremo espellere le tossine dall’organismo.
  • Fare movimento: Evitare la sedentarietà e approfittare di qualsiasi occasione per camminare o fare esercizio fisico, non solo il vostro organismo lo apprezzerà, ma anche la vostra psiche e ciò si rifletterà sul vostro sistema immunitario e sulla generazione di globuli bianchi stimolando la circolazione.
  • Riposare adeguatamente: Cercare di rispettare gli stessi orari e di farli coincidere con i nostri ritmi circadiani, dormendo nelle ore notturne.
  • Meditare o eseguire esercizi di rilassamento: Effettuare esercizi di respirazione profonda e regolare per potersi rilassare, almeno 20-30 minuti al giorno. La vostra salute fisica e psicologica lo apprezzerà, vi aiuterà ad accrescere le vostre difese e a riposare in maniera adeguata.
  • Alimentarsi correttamente: Consumare frutta e verdura biologica, evitare alimenti fritti o grassi saturi, evitare di eccedere nel consumo di proteine e grassi animali e, qualora si mangiassero, prediligere il pesce anziché il pollame, preferendo queste fonti proteiche alla carne di manzo o di maiale.
  • Assumere vitamina C: La vitamina C incrementa le difese immunitarie, sia utilizzando gli integratori sia assumendola tramite la dieta, anche per le persone affette da malattie autoimmuni, perché modula la risposta del sistema immunitario e la aumenta. Sono disponibili terapie che consistono in un elevato dosaggio di questa vitamina utilizzate nella cura di patologie tumorali ottenendo validi risultati. (pubblicazione apparsa su “Cancer Cell“; i ricercatori dell’Università dell’Iowa (USA), Garry Buettner, Bryan Allen e Douglas Spitzen hanno evidenziato miglioramenti nel quadro clinico dei pazienti).

Inoltre, esistono diverse piante che possono esserci d’aiuto:

  • Zenzero: I componenti contenuti nello zenzero come i gingeroli e lo zingerone, grazie alle loro proprietà antinfiammatorie e antivirali, inibiscono la replicazione del virus e quindi la sua propagazione in nuovi complessi cellulari.
  • Aglio: Così come lo zenzero è antivirale e antinfiammatorio fintanto che è consumato crudo o poco cotto.
  • Echinacea: La radice è ampiamente utilizzata per aumentare le difese immunitarie in fitoterapia, spesso combinata con la propoli al fine di apportare benefici al sistema respiratorio, una caratteristica che attualmente si rivela di particolare importanza.
  • Propoli: Dal noto effetto antivirale e antinfiammatorio, è costituita da resine e balsami (50 – 55%), cera (25 – 35%), oli volatili (10%), polline (5%) e sostanze organiche e minerali (5%). Per questo motivo e per il suo effetto analgesico è utilizzata per il trattamento di patologie respiratorie come l’influenza, la sinusite, ecc. La sua azione come protettivo del sistema respiratorio è estremamente importante in quanto esercita anche un effetto curativo e rigenerante.
  • Liquirizia: Si tratta di una pianta molto specifica ideale per il trattamento dei virus dell’influenza e della polmonite. In laboratorio si è scoperto che i principi attivi contenuti in questa pianta erano in grado di debellare il virus della SARS simile al ceppo del Covid-19, tali risultanze sono state inserite in un rapporto dell’OMS stessa
  • Salvia: Pianta antivirale tradizionalmente utilizzata grazie ai suoi composti contenenti safficinolide, può essere impiegata come infuso con ottimi risultati.
  • Timo: Ottimo per la gola poiché è un valido espettorante e antisettico e aiuta anche a combattere le infezioni respiratorie e a espellere il muco.
  • Piantaggine: È particolarmente importante per questo tipo d’infezione, perché è ricca di mucillagini che servono a calmare, idratare e ammorbidire la mucosa respiratoria e favorisce il buon funzionamento dei bronchi.

Queste sarebbero alcune delle piante principali considerate ma non le sole, ce ne sono molte altre adatte per combattere una possibile aggressione da parte di un virus respiratorio, che sfortunatamente è attualmente in piena crescita a seguito della pandemia causata dal Covid-19 o Coronavirus. Non rinunciate a proteggervi e a seguire abitudini sane.

 

Angel Salazar

 

 

Mar 20, 2020

Gli effetti dell’ozonoterapia sulle patologie gastrointestinali

Utilizzando l’ozono medicale a scopo terapeutico si è dimostrato l’avvenuto miglioramento del funzionamento degli organi e dei tessuti dell’organismo. Svariate ricerche concordano che l’ozonoterapia ha effetti positivi nel trattamento di diverse patologie gastrointestinali. Quali sono i benefici dell’ozono medicale e a cosa serve?

 Cos’è l’ozonoterapia

 L’utilizzo dell’ozono (O3) è una forma di trattamento alternativo che consiste nella saturazione dell’ossigeno presente nell’organismo tramite l’introduzione di ossigeno e ozono. L’ozono medicale è composto dal 5 % di ozono e dal 95 % di ossigeno. Questa miscela si libera nell’acqua fisiologicamente contenuta nel corpo umano consentendo una reazione immediata dei suoi composti e delle bio-molecole.

 In tale contesto, è stato evidenziato che l’ozonoterapia è in grado di rigenerare la mucosa gastrica, eradicare il batterio Helicobacter pylori, nonché di accelerare la guarigione delle ulcere gastriche. Tutto questo, grazie agli effetti antinfiammatori, germicidi, battericidi, antiossidanti e immuno-modulanti dell’ozono medicale.

Gli effetti dell'ozonoterapia sulle patologie gastrointestinali

Utilizzo dell’ozono come trattamento per le malattie gastrointestinali

 I comprovati benefici dell’applicazione terapeutica dell’ozono sull’organismo hanno permesso il suo utilizzo per il trattamento di patologie gastriche, come la colite ulcerosa e l’infezione causata dall’Helicobacter pylori. Vediamo come.

 La colite ulcerosa è una malattia cronica che produce un’infiammazione intestinale con periodi di acutizzazione e di remissione. Questa malattia è caratterizzata dalla presenza di diverse ulcere localizzate nella mucosa del colon.

 Già negli anni ’40 del secolo scorso, il Dr. Aubourg ha condotto i primi test medici sull’ozono nei pazienti affetti da colite ulcerosa.
Nel 2014, gli studi sperimentali sono proseguiti con l’applicazione dell’ozonoterapia per il trattamento di questa patologia. Il 90% dei pazienti ha risposto positivamente alla somministrazione di ozono, in seguito è stata osservata una diminuzione e/o scomparsa delle crisi diarroiche e del quadro settico che le accompagnava.

 Per quanto concerne l’infezione causata dall’Helicobacter pylori, gli specialisti insistono sul trattamento di questa patologia, soprattutto nei pazienti con problemi gastrointestinali.
Le prove scientifiche sull’uso terapeutico dell’ozono confermano che il ricorso all’ozonoterapia come trattamento alternativo nei confronti dell’helicobacter pylori è estremamente importante. La resistenza di questo batterio agli antibiotici rende necessario l’utilizzo di metodi diversificati in grado di bloccare i problemi gastrointestinali legati all’infezione da helicobacter pylori.

Mar 4, 2020

La relazione che intercorre tra l’emicrania e i livelli di nitrati

 l'emicrania e i livelli di nitrati

È risaputo che le abitudini alimentari influenzano direttamente la nostra salute.

L’emicrania è un intenso mal di testa che colpisce gran parte della popolazione. In particolare il sesso femminile. Una delle cause di tale condizione, attualmente, è notoriamente correlata all’assunzione di alimenti contenenti nitrati.

 La causa scatenante dell’emicrania è da ricercare nei nitrati

Una ricerca condotta negli Stati Uniti (American Gut Project) ha dimostrato che la stragrande maggioranza degli intervistati che soffrivano di emicrania assumevano cibi ricchi di nitrati, che una volta introdotti nel sangue, si trasformavano in ossido nitrico responsabile della comparsa di questo disturbo.

 L’aumento dei nitrati così come dell’ossido nitrico è causato dai batteri presenti nell’apparato orale. Il suo ruolo è di ridurre i nitrati derivanti sia dagli alimenti sia dai farmaci cardiovascolari. Questo processo determina, come risultato, un aumento dei livelli di nitriti e di ossido nitrico.
Un nitrato è costituito chimicamente da un atomo di azoto e tre atomi di ossigeno. Quando questi batteri svolgono il loro compito, scindono uno degli atomi di ossigeno, trasformando così i nitrati in nitriti. Solo queste tipologie di batteri hanno questa caratteristica.
Tuttavia, i batteri che processano i nitrati hanno inoltre dimostrato di essere una valida protezione cardiovascolare.

 In breve, le persone che soffrono di emicrania dispongono nel cavo orale di un numero maggiore di batteri riduttori dei nitrati. Sebbene questi mal di testa siano estremamente disagevoli, la loro comparsa potrebbe essere benefica per il sistema cardiovascolare.

 l'emicrania e i livelli di nitrati

Le cefalee a insorgenza immediata e tardiva e i nitrati

Questa ricerca ha inoltre rivelato che le cefalee provocate dai nitrati si manifestano come:

  • Cefalee a insorgenza immediata e lieve: il mal di testa compare entro un’ora dopo aver mangiato o aver assunto i farmaci.
  • Cefalee a insorgenza tardiva o grave: i sintomi compaiono 3-6 ore dopo l’ingestione dei nitrati.

 In tal senso, le cefalee a insorgenze immediata sembrano essere associate alla vasodilatazione prodotta dall’ossido nitrico. Mentre, le cefalee a insorgenza tardiva, sembrano essere attivate dal rilascio di un peptide correlato alla calcitonina, al glutammato, al monofosfato di guanosina ciclico o ai cambiamenti della funzione della S-nitrosilazione.

 Questo tipo di ricerca rafforza la convinzione che i batteri siano correlati alla sussistenza di emicranie. Pertanto, una possibile risposta a questa condizione patologica potrebbe essere la modificazione della flora batterica del paziente tramite modifiche nella sua dieta alimentare. Inoltre, si consiglia il ricorso a prodotti farmacologici che modificano la carica batterica per raggiungere il corretto equilibrio.

Feb 26, 2020

Il ruolo della melatonina nel calo ponderale

Il ruolo della melatonina nel calo ponderale

La melatonina, nota anche come ormone delle tenebre, è responsabile della regolazione dei ritmi circadiani.
In molteplici occasioni, la discontinuità di tali ritmi influisce direttamente sul nostro metabolismo accelerando l’aumento ponderale. Recenti ricerche hanno dimostrato che l’assunzione di melatonina può essere un valido alleato nella riduzione del grasso corporeo.

 Cos’è la melatonina

 Quando sopraggiunge la notte e l’oscurità assume il ruolo di protagonista, la ghiandola pineale dell’organismo si attiva producendo melatonina. Un ormone che stimola il sonno e la cui produzione diminuisce proporzionalmente al crescere della luminosità.
Ciò implica che le persone con problemi legati alla produzione di melatonina soffrono frequentemente di disturbi del sonno, come l’insonnia.
Tali alterazioni dei ritmi circadiani non sono particolarmente positive per lo stato di salute, poiché alterano direttamente il funzionamento del nostro metabolismo.

 Come il consumo di melatonina influisce sull’obesità

 Un team di ricercatori ha scoperto che la produzione di melatonina può risultare direttamente correlata all’aumento ponderale. Per condurre la ricerca al riguardo, i ricercatori hanno selezionato un gruppo di roditori obesi ai quali è stata regolarmente somministrata una quantità di melatonina. I risultati ottenuti hanno evidenziato una migliorata attività termogenica dell’organismo, una neutralizzazione nell’aumento della massa di tessuto adiposo bruno, così come una riduzione della massa pericolosa di tessuto adiposo bianco.

Il ruolo della melatonina nel calo ponderale

Tale ricerca ha dimostrato che la melatonina detiene la capacità di regolare l’obesità negli animali, semplicemente regolando la quantità dell’ormone delle tenebre presente nell’organismo. In pratica, senza dover intervenire sull’assunzione alimentare o sull’attività fisica del paziente.

 L’importanza del sonno ristoratore

 Dormire serenamente è un segnale che denota la buona salute dell’organismo. Il corpo non solo recupera energia, ma si prepara a esercitare le funzioni elementari.

Le persone che presentano una minore produzione di melatonina durante le ore notturne non solo non riescono a riposare serenamente, ma sono anche più inclini all’accumulo dei grassi corporei.
Le recenti scoperte sul ruolo della melatonina nell’obesità fanno ben sperare nella lotta contro l’eccesso di aumento ponderale. Quest’ormone potrebbe diventare uno strumento molto utile per risolvere uno dei principali problemi di salute a livello mondiale. Di fatto, l’obesità esercita un impatto terribile sul nostro stato di salute, provocando fino a 3 milioni di decessi l’anno.

Gen 20, 2020

Il ruolo del microbiota intestinale nella prevenzione della sclerosi multipla

microbiota intestinale

Ricerche recenti continuano ad avvalorare l’importanza del microbiota intestinale relativamente allo sviluppo e alla prevenzione di alcune malattie. In tale contesto, è stato individuato un collegamento tra la composizione del microbiota e alcune patologie infiammatorie del sistema nervoso centrale, come la sclerosi multipla.

 Cos’è il microbiota intestinale e perché è importante

Definiamo come microbiota intestinale la flora batterica che alberga nel nostro organismo senza arrecarci alcun danno. Tale ecosistema batterico è peculiare per ciascuna persona. Inoltre, si è constatato che può persino essere diversificato tra i membri appartenenti alla stessa famiglia. È una sorta di DNA intestinale. Il microbiota inizia a costituirsi a partire dalla nascita. Il neonato entra in contatto con il microbiota materno che si sviluppa successivamente durante l’allattamento e nell’età adulta.

L’importanza attribuita al microbiota è dovuta al suo ruolo significativo nello sviluppo del sistema immunitario. Molti ricercatori ritengono che il microbiota intestinale sia il nostro secondo codice genetico, attribuendogli così la responsabilità nella predisposizione a determinate malattie.

 

sclerosi multipla

Relazione tra microbiota e sclerosi multipla

La sclerosi multipla è una malattia autoimmune e neurodegenerativa. Una recente ricerca su pazienti affetti da Sclerosi Multipla ha dimostrato che le persone a cui è stata diagnosticata questa patologia presenta, nella sua costituzione, un microbiota intestinale sbilanciato paragonato a persone non affette da tale patologia.

A quanto pare, questo sbilanciamento, è responsabile di favorire la comparsa di quei ceppi in grado di favorire i processi di attivazione infiammatoria.
Altre ricerche hanno inoltre rivelato che l’alterazione del microbiota intestinale diminuisce l’attività delle cellule Treg (T Regolatorie). Un tipo di cellule presenti nel sistema immunitario in grado di attenuare la sua risposta infiammatoria.

In sintesi, l’alterazione del microbiota stesso potrebbe essere utilizzata come terapia per ridurre gli effetti e lo sviluppo della sclerosi multipla. Per questo motivo, si utilizzano terapie basate su:

  • Probiotici.
  • Antibiotici specifici.
  • Trapianti di microbiota fecale provenienti da un donatore sano.
  • Integratori nutrizionali.

 In realtà la modifica del microbiota intestinale è una ricerca ancora in fase di sviluppo e non completata al 100%, ma, secondo gli esperti, presenta un futuro davvero promettente. Attualmente, tutta la ricerca si concentra sul confronto tra il profilo microbico delle persone con sclerosi multipla e quello delle persone in buona salute per cercare di scoprire quale sia il profilo dei microrganismi che contribuiscono allo stato infiammatorio dei pazienti affetti da tale patologia.

Gen 10, 2020

Cos’è la moxibustione e a cosa serve?

Cos'è la moxibustione e a cosa serve?

Nel quadro delle terapie orientali tradizionali è necessario sottolineare che la moxibustione si può anche definire come il riscaldamento terapeutico di determinate aree cutanee. È una pratica della medicina tradizionale cinese che, tramite la ricerca dell’equilibrio energetico, è in grado di alleviare i sintomi di molte patologie. Scopriamo come tale pratica terapeutica opera.

 In cosa consiste la moxibustione

La moxibustione è una terapia antecedente al periodo neolitico. Tuttavia, questo metodo, così come lo conosciamo oggigiorno, è stato sviluppato in Occidente durante il XVII e il XVIII secolo.

Il termine moxibustione è nato ispirandosi alla parola giapponese “moekusa” che letteralmente si traduce come “erba che brucia” in particolare significa “cauterizzare”. La terapia si effettua bruciando su una superficie un materiale che è stato previamente riscaldato. Questo metodo terapeutico consiste nell’applicazione di calore che attiva i recettori termici della cute; in tale modo, questi stimoli, competono con i sistemi di modulazione del dolore combattendolo.

 I punti in cui il calore viene applicato solitamente coincidono con le aree utilizzate per l’agopuntura. Pertanto, è possibile curare alcune patologie equilibrando le funzioni fisiologiche di ogni singolo individuo.

La moxibustione utilizza la teoria dei canali. Un principio secondo il quale un organismo agisce come un sistema di reti in cui l’energia fluisce insieme al flusso sanguigno, interconnettendo ogni parte dell’organismo stesso.

Fattori esterni ed interni, come le emozioni o le energie che diventano non equilibrate, sono la causa delle carenze o dei malfunzionamenti di questo sistema. Di conseguenza, si verifica uno squilibrio energetico che causa numerose patologie e malesseri.

Moxibustion

Utilizzi della moxibustione

L’ambito clinico della moxibustione è piuttosto vasto e comprende problematiche ginecologiche e dermatologiche, malattie croniche, disturbi pediatrici, ecc. Soprattutto, questa terapia ha un effetto particolare sul trattamento e sulla gestione del dolore. Il calore moderato penetra nell’organismo del paziente generando una piacevole sensazione che aiuta a ridurre al minimo qualsiasi tipo di fastidio.

 La moxibustione è utilizzata principalmente per:

  • Disturbi digestivi.
  • Combattere il raffreddore, l’influenza e la tosse.
  • Dolori mestruali.
  • Diarrea o costipazione.
  • Infortuni, lesioni e traumi dovuti alle attività sportive.
  • Stanchezza e sindrome da fatica cronica.
  • Scarsa capacità di concentrazione e mancanza di memoria.
  • Dolori articolari, irrigidimento dorsale, artrite e artrosi.
  • Disfunzioni di carattere sessuale.
  • Problemi da stress e stati d’ansia.
  • Rafforzare il sistema immunitario favorendo l’aumento della produzione di globuli bianchi e di emoglobina.
  • Sintomi legati alla menopausa.
  • Circolazione inadeguata e ulteriori problematiche ematiche.
  • Alterazioni del metabolismo, ecc.

 La moxibustione si applica solitamente in combinazione con l’agopuntura, poiché entrambe le terapie sono complementari e compatibili. Ciò implica che il potere curativo di entrambi è combinato per ottenere risultati soddisfacenti.

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