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L’atopia

L’atopia è la predisposizione anormale a sintetizzare gli anticorpi IgE, generati in risposta agli allergeni naturali entrati nell’organismo, attraverso la pelle, la mucosa del tubo digerente e le vie respiratorie e oculari.

Si pensa che tutto ciò sia dovuto ai molteplici cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nei paesi sviluppati, tra cui l’inquinamento, la riduzione della frequenza e della durata della fase di allattamento, del consumo di acidi grassi insaturi in favore di quelli saturi, dell’uso eccessivo di antibiotico o di prodotti per l’igiene personale e di altri fattori che alterano il sistema immunitario fin dalle prime fasi di vita.

La risposta allergica viene prodotta già dentro all’utero. Lo sviluppo della risposta atopica è dovuto alla prevalenza di linfociti di tipo TH2, che troviamo all’origine della produzione degli IgE e delle citochine pro-infiammatorie. Questo perché il feto stesso è circondato da TH2 per impedire che venga rifiutato dall’organismo della madre. Al momento della nascita, il sistema linfocitario del bambino presenta dei linfociti immaturi, senza marcatori specifici.

Nei primi mesi di vita, questi linfociti acquisiscono alcune proprietà funzionali, grazie al contatto con gli antigeni esterni. I primi che incontra sono quelli della flora vaginale della madre, ma nel caso di un cesareo o di un terreno batteriologico materno alterato, il neonato orienta le sue difese in una direzione anormale e verso il tipo TH2, senza sviluppare la capacità di generare una risposta in reazione a infezioni di tipo TH1. Questo, unito all’uso precoce e continuativo di antibiotici, può portare a un alto rischio di asma e allergia.

Altre cause di alterazione del sistema immunitario

L’uso generalizzato di vaccini impedisce lo sviluppo dell’infezione, quindi della difesa dell’organismo dai TH1, promuovendo la proliferazione dei TH2.

Così anche l’eccessiva igiene personale: i bambini che vivono in campagna sviluppano meno allergie di quelli che vivono in città, grazie all’esposizione precoce alle endotossine dei germi gram-negativi presenti negli animali da fattoria.

E’ necessario quindi trattare il terreno atopico quanto prima. E’ possibile prevenire le allergie atraverso la nutrizione: probiotici, acidi grassi essenziali, glutamina rinforzano i meccanismi di difesa della barriera digestiva.

Per questo motivo, è fondamentale cambiare le nostre abitudini per evitare danni al nostro sistema immunitario. Un kit di immunità può aiutarci a identificarli.

Angel Salazar

Kinepharma

Feb 11, 2016

I benefici del selenio nella prevenzione del cancro

selenio

Il selenio è un minerale essenziale e un efficace antiossidante che dobbiamo sempre tenere in considerazione e introdurre abitualmente nella nostra dieta.

Tra le qualità di questo noto minerale è possibile sottolineare il miglioramento del metabolismo della vitamina E, che contribuisce al suo massimo utilizzo da parte del nostro organismo.

Inoltre, è davvero efficace nella prevenzione di patologie cardiache e nella prevenzione d’infezioni virali.

Tuttavia, una delle proprietà più note e studiate in maniera approfondita è la protezione dal cancro alla prostata.

Il selenio è stato classificato tra gli agenti chemio preventivi, grazie alla sua capacità di arrestare il cancro prima che questo acquisisca maggiore forza.

Negli anni novanta fu realizzato uno studio su 974 persone con precedenti di cancro alla prostata. Gli individui furono divisi in due gruppi di studio; vennero somministrati 200 microgrammi di selenio a uno e un placebo all’altro.

Dopo 6 anni di trattamento fu constatato che nel gruppo al quale era stato somministrato il selenio si erano sviluppati solo 13 casi di cancro alla prostata, mentre nel gruppo placebo erano stati registrati 35 casi.

Inoltre, nell’ambito degli studi sull’incidenza di questo minerale sul cancro ai polmoni e del colon-retto, si registrò una percentuale minore nelle persone trattate con selenio.

Quindi, è evidente che introdurre nella nostra dieta questo importante minerale può contribuire alla prevenzione della comparsa di questa malattia. Quello che non è chiaro è se questi benefici siano dovuti al fatto che il cancro può ridurre o esaurire le riserve di selenio nell’organismo stimolandone lo sviluppo o se il selenio agisca da solo come rimedio contro il cancro.

cancro alla prostata

Gli studi diretti a indagare sugli effetti del consumo degli integratori alimentari a lungo termine, suggeriscono che i livelli ridotti di selenio aumentano il rischio di sviluppare la malattia.

D’altra parte, negli studi in vitro, è stato possibile verificare che la seleniometionina, una forma comune di selenio, causa la morte cellulare delle cellule del cancro alla prostata, mentre le cellule prostatiche restano in perfetto stato di fronte all’azione del selenio.

Esistono anche delle prove del fatto che questo minerale protegga il nostro DNA, le proteine e i grassi dell’organismo dal danno ossidativo, grazie alla sua azione antiossidante. Tenendo conto che è l’ossidazione delle cellule il fattore che espone l’organismo allo sviluppo del cancro, molti scienziati condividono l’idea che sia il selenio che altri antiossidanti, come la vitamina E, siano realmente benefici per proteggerci dalla comparsa di cellule cancerogene.

Alcuni alimenti ricchi di selenio sono l’aglio, la cipolla, il riso integrale, la farina d’avena, la crusca, così come le uova, i frutti di mare, il pollo e il fegato.

In ogni caso, a volte la mancanza di minerali nel terreno agricolo o la perdita di selenio durante la lavorazione degli alimenti, può comportare un deficit di selenio nella dieta. Quindi, è consigliabile verificare le carenze di selenio, vitamina E o qualsiasi altro antiossidante e, in caso affermativo, assumere qualche integratore alimentare.

Per rilevare le possibili carenze di minerali o vitamine, possiamo realizzare il test kinesiologico utilizzando il kit di test per minerali e vitamine.

Analía Iglesias (analia@sibuscas.com)

Kinepharma

 

Gen 7, 2016

La melatonina e il suo ruolo centrale nel funzionamento del corpo umano

ghiandola pineale

Le prime scoperte, negli anni ‘80, delle varie funzioni svolte dalla melatonina nel nostro organismo, hanno lasciato sbigottito il mondo scientifico di fronte al numero di organi e di funzioni fisiologiche che sembrano essere regolati da questa sostanza.

La melatonina è prodotta dalla ghiandola pineale (situata al centro del nostro cervello), a partire da una sostanza chiamata triptofano. Il triptofano è un amminoacido, uno dei ventidue composti organici che costituiscono le basi della vita umana. Gli amminoacidi fungono da regolatori delle attività vitali dell’organismo e, a loro volta, costituiscono il componente principale di cui sono formate ossa, muscoli e altri vari tessuti.

Il triptofano, è uno degli 8 amminoacidi non prodotti dal nostro corpo e che possiamo assumere, quindi, attraverso l’alimentazione.

Affinché il nostro organismo possa disporre costantemente di triptofano, la nostra dieta deve includere legumi, cereali e altri semi. Una volta ingerito, viene trasformato in serotonina che, successivamente, assume la forma di melatonina nella ghiandola pineale.

Negli ultimi anni, le ricerche hanno dimostrato che il ruolo svolto dalla ghiandola pineale nel corpo non è tanto passivo quanto si pensava e che, insieme alla melatonina, sembra avere importanza fondamentale nel funzionamento dell’organismo.

  • Nella ghiandola pituitaria agisce da “ormone maestro” stimolando il rilascio di un’ampia serie di ormoni.
  • Nel cervello funge da induttore del sonno, rallentando l’attività cerebrale.
  • Nel cuore e nel sistema circolatorio riduce la formazione di coaguli, diminuendo così il rischio di infarto e trombosi.
  • Nel flusso sanguigno, potenzia la capacità delle cellule di produrre anticorpi.
  • Nell’intestino favorisce l’assorbimento di vitamine, minerali e sostanze nutrienti contenute nell’alimento.
  • Nell’apparato riproduttivo rigenera l’attività sessuale, regolandone il funzionamento.
  • Infine, nel corpo in generale, la melatonina agisce direttamente sulle cellule come un potente antiossidante, proteggendole dai radicali liberi.

La produzione di melatonina

La produzione di melatonina da parte della ghiandola pineale è inibita dalla luce; ciò significa che di giorno i livelli di questo ormone si riducono drasticamente e aumentano dieci volte di più durante la notte. Questo si deve al fatto che la sua produzione è regolata dal cosiddetto “ciclo circadiano”.

L’oscurità attiva la ghiandola pineale, collegata direttamente all’occhio, che comincia a produrre melatonina. Quando abbiamo sonno, significa che la pineale ha cominciato a trasformare la serotonina in melatonina e la sta rilasciando nel flusso sanguigno.
Quando l’ormone si diffonde nell’organismo promuove determinati cambiamenti nel corpo che ci preparano al sonno. I battiti cardiaci e il processo di digestione rallentano, la temperatura corporea scende, la pressione sanguigna e l0 stato generale di allerta diminuiscono.

Con l’età, il corpo tende a produrre una quantità sempre minore di melatonina ma esistono anche altri tipi di disturbi fisici (come problemi di prostata, artrite, aritmie, ecc.) e psicologici (come depressione, stress o ansia) che possono influire sulla riduzione di questo ormone.

Per testare il funzionamento corretto a livello organico della ghiandola pineale, possiamo utilizzare un kit per test endocrino e amminoacidi, e verificare se esista una carenza di serotonina, melatonina e triptofano.

Analía Iglesias (analia@sibuscas.com)

Kinepharma

L’esercizio moderato migliora i trattamenti contro il cancro

Una ricerca dell’Università Statale del Kansas offe informazioni alternative per i pazienti affetti da cancro: Una camminata o una passeggiata lenta eseguite regolarmente possono rappresentare la chiave per migliorare i trattamenti contro il cancro.

Brad Behnke, professore associato di fisiologia dell’esercizio, e i suoi collaboratori hanno dimostrato che l’esercizio moderato svolto in modo regolare migliora l’ossigenazione del tumore, consentendo un miglioramento dei trattamenti nei pazienti affetti da tumore. Behnke ha ricevuto una sovvenzione di 750.000 dollari dalla Società Americana per il Cancro per studiare l’esercizio moderato come modo di far sì che i radio-trattamenti siano più efficaci, in particolare per i tumori difficili da trattare.

“Se possiamo aumentare l’efficacia del trattamento di radiazione, allora la prognosi del paziente sarà migliorata”. “L’esercizio ha effetti secondari sempre positivi rispetto ad altri trattamenti che potrebbero avere effetti collaterali dannosi”. L’esercizio è un tipo di terapia da cui traggono beneficio innumerevoli sistemi nel copro e può cambiare costantemente il contesto del tumore.”

L’Istituto Nazionale per il Cancro degli Stati Uniti raccomanda l’esercizio ai pazienti affetti da cancro e a quelli che hanno superato la malattia, ma sono poche le ricerche che mostrano cosa accade all’interno dei tumori durante l’esercizio. Ciò ha portato Behnke a unire la propria esperienza nella fisiologia integrativa alla ricerca sul cancro. ha ricevuto anche il sostegno del Centro di Ricerca sul Cancro dell’università di Johnson.

“Mi sono interessato per scoprire cosa succede all’interno del tumore durante e dopo l’esercizio come mezzo per migliorare i risultati del trattamento”, ha dichiarato Behnke.

Per le ultime ricerche, Behnke sta utilizzando modelli di tumori alla prostata per trovare il modo di migliorare l’ossigenazione dei tumori. Quando un tumore è ipossico o presenta un ridotto livello di ossigeno, spesso è molto aggressivo. E questo perché l’ossigeno è fondamentale in questa patologia, dal momento che aiuta a distruggere le cellule tumorali. Ne deriva che i tumori che presentano una scarsa ossigenazione sono spesso resistenti alle terapie tradizionali contro il cancro, come la radioterapia e gli interventi. Per tale motivo la respirazione a ossigeno concentrato è sempre più utilizzata per migliorare l’ossigenazione delle cellule tumorali prima del trattamento.

“Se miglioriamo tutti i sistemi del corpo (polmoni, cuore e vasi sanguigni) con l’esercizio, possiamo sfruttare la disfunzione vascolare del tumore e migliorare il flusso di sangue nello stesso”, sostiene Behnke. “Il tumore diventa la via meno resistente per l’elevata richiesta cardiaca dell’esercizio, traducendosi in un sostanziale aumento di ossigenazione del tumore durante e dopo l’attività.”

Ma la chiave è l’esercizio moderato. Un esercizio troppo scarso può non avere alcun effetto, ma l’esercizio eccessivo può avere un effetto negativo e può chiudere il flusso sanguigno alla regione del tumore o mettere in pericolo il sistema immunologico.

Secondo Behnke l’esercizio moderato è da intendersi come un’attività che sfrutta dal 30 al 60% della capacità aerobica della persona. L’attività di per sé non deve essere stressante e in linea di massima può essere svolta da tutti, come una camminata o una passeggiata lenta.

La ricerca ha inoltre dimostrato che l’esercizio moderato può aiutare i pazienti affetti da cancro a contrarrestare alcuni effetti secondati del trattamento, come lo scarso afflusso di sangue, l’affaticamento, la cachessia e la perdita di massa muscolare. Ciò ha condotto molti ricercatori a classificare questa terapia come “terapia dell’esercizio aerobico” per i pazienti affetti da cancro.

“In realtà non esiste alcun effetto secondario negativo dell’esercizio di intensità moderata”, ha detto Behnke. “L’esercizio spesso viene prescritto per migliorare gli effetti secondari del cancro e il trattamento. Ma ciò che l’esercizio fa all’interno del tumore porta già di per sé grandi benefici.”

Raccomandiamo di leggere l’articolo di Kinepharma del 28 dicembre 2012, “Li tre aspetti fondamentali da testare nel cancro

Ángel Salazar Magaña (angelsalamag@gmail.com)

Kinepharma.

La verità sul colesterolo

Il colesterolo NON è una delle principali cause di infarto e di eventi cerebrovascolari (infarti cerebrali). Si tratta di un’informazione assolutamente falsa. Le statine prescritte per questo “sintomo” sono i farmaci utilizzati per combattere il colesterolo. In Spagna la metà della popolazione adulta ha il colesterolo alto. Il 50% ne è consapevole e quasi la metà assume farmaci per ridurlo.

Ma il colesterolo non è il diretto responsabile dei problemi cardiovascolari. In realtà è una difesa dell’organismo rispetto a un problema. Le persone che assumono le statine mettono pertanto a rischio la loro stessa salute, perché oltre a eliminare il colesterolo quando necessario, possono assistere a un interminabile elenco di effetti collaterali: insufficienza cardiaca, dolori muscolari, perdite di memoria, lesioni al fegato, ecc.

Uno studio pubblicato dall’American Heart Journal nel 2009, con 137.000 pazienti ricoverati per crisi cardiache, ha dimostrato che circa il 75% dei pazienti aveva livelli “normali” di colesterolo.

Tale aspetto è stato già analizzato nell’articolo di Kinepharma del 3 dicembre 2003 “ La nutrizione nelle patologie cardiache” nel quale il Dott. Dwight Lundell, responsabile del Servizio di Chirurgia Coronarica del Banner Heart Hospital conclude che senza infiammazioni nel corpo è impossibile che si accumuli colesterolo sulle pareti dei vasi sanguigni e che si verifichino patologie cardiache.

E la principale causa dell’infiammazione è il sovraccarico di idrati di carbonio semplici ed elaborati, come altresì l’eccesso di consumo di oli vegetali di scarsa qualità presenti in molti alimenti elaborati.

Che senso assume dunque questa prescrizione?

Perché medici, ospedali, aziende farmaceutiche e professionisti sanitari non ci dicono la verità sulle statine?

Perché non ci dicono che i farmaci che riducono la percentuale di colesterolo provocano innumerevoli effetti collaterali e non proteggono dalle patologie cardiovascolari? Le motivazioni sono svariate:

Innanzitutto le centinaia di grandi cardiologi e cattedratici di Medicina che dovrebbero riconoscere pubblicamente di essere in errore da trent’anni. Oggi le persone che si mostrano critiche o in disaccordo con questa tendenza vengono tacciate di essere apostate e ignoranti e vengono ridicolizzate. Lo straordinario libro del cardiologo francese Michel de Lorgeril sulla prevenzione degli infarti mediante rimedi naturali è stato completamente ignorato dalla stampa.

Tuttavia Michel de Lorgeril, noto ricercatore del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica in Francia (CNRS), ha scritto centinaia di articoli sulle più prestigiose riviste scientifiche. Il suo libro contiene le informazioni più attuali relative a questo studio, oltre a numerosi consigli di vitale importanza che tranquillizzano le persone in ansia per il cuore e le arterie. Vista l’importanza di queste conclusioni per milioni di malati in tutto il mondo, il silenzio dei mass media è davvero inspiegabile.

In secondo luogo, la medicina è diventata un’attività commerciale e se non si consumano farmaci, assegnando la priorità alla prevenzione o alle cure con rimedi naturali, non si guadagna.

Effetti delle statine e assenza di colesterolo

Uno degli effetti più dannosi per la salute delle statine consiste nella perdita del coenzima Q10, fondamentale per il funzionamento dei muscoli, in particolare il cuore. È aneddotico curare il cuore eliminando le riserve di CoQ10. Dovemmo rapidamente compensarlo assumendo integratori di CoQ10 e attualmente sono pochissimi i medici che forniscono informazioni in merito ai pazienti.

Solitamente medici e scienziati trattano con disprezzo il colesterolo, fatto che vediamo ogni giorno e che si riflette sull’intera società, anche negli spot televisivi, ma si tratta sicuramente di un componente fondamentale del corpo umano. Di fatto, una percentuale di colesterolo troppo bassa è direttamente connessa a problemi di salute, in particolare emorragie cerebrali (infarti), e a un maggior rischio di essere soggetti al cancro.

Innumerevoli studi scientifici hanno analizzato il rapporto tra l’essere soggetti al cancro e il colesterolo. Ecco perché è pericoloso e nocivo per la salute cercare di mantenere bassi i livelli mediante un’alimentazione povera di grassi o peggio ancora mediante l’assunzione di farmaci.

Il colesterolo è inoltre necessario per avere un livello ottimale di vitamina D, dal momento che il colesterolo ne è l’ingrediente basico. Ciò spiegherebbe il legame tra una bassa percentuale di colesterolo e la presenza del cancro. La carenza cronica di vitamina D può favorire i tumori cancerogeni.

Per quattro anni è stata svolta una ricerca sul consumo di due farmaci anti-colesterolo: la Simvastatina e l’Ezetimibe.  Le conclusioni sono state categoriche: i risultati nei pazienti che avevano assunto congiuntamente entrambi i farmaci hanno mostrato che il rischio di morte era aumentato del 45%. In maniera assolutamente sorprendente, tali risultati non sono mai stati presi in considerazione.

Parte di questo articolo si basa sul articolo di Jean-Marc Dupuis, caporedattore della e-letter gratuita “Tener S@lud” (essere in buona salute).

Angel Salazar (angelsalamag@gmail,com)

Kinepharma

Attività fisica e diabete di tipo 2

L’esercizio aerobico aiuta a ridurre il rischio di diabete di tipo 2. Un recente studio condotto su un campione elevato di donne e pubblicato sul portale PLoS Medicine, ha rivelato che l’allenamento di resistenza aerobica e con i pesi potrebbe aiutare a ridurre il rischio di soffrire di questa patologia.

Lo studio è stato realizzato da ricercatori della Scuola di salute pubblica di Harvard, di Boston e dell’Università della Danimarca del Sud, nell’ambito del quale sono stati esaminate oltre 99.000 donne adolescenti e di età media.

All’inizio dello studio, nessuna delle donne era affette da diabete e i ricercatori hanno analizzato il rapporto tra le loro abitudini relative all’esercizio fisico e l’incidenza dello sviluppo della patologia. Nello specifico è stato esaminato il tempo che le donne dedicavano ogni settimana allo svolgimento di vari tipi di esercizio fisico, tra i quali esercizi di potenziamento muscolare con i pesi di intensità lieve, esercizi di risveglio muscolare quali stretching, tonificazione e yoga, nonché esercizi di tipo aerobico.

Sia l’allenamento di potenziamento muscolare con i pesi, sia gli esercizi di risveglio muscolare di lieve intensità hanno mostrato una relazione autonoma con la riduzione del rischio di diabete, ma a tale fine risultavano più efficaci se combinati tra loro.

I ricercatori sono giunti alla seguente conclusione: “I risultati del nostro studio suggeriscono che… l’inserimento di attività di potenziamento muscolare e di stretching uniti all’attività aerobica offrono benefici sostanziali per la prevenzione nel diabete nelle donne.”

Quali sono i livelli di esercizio raccomandati?

Almeno 150 minuti di esercizio aerobico la settimana e almeno due volte la settimana di allenamento di potenziamento muscolare con i pesi, che i ricercatori considerano in almeno 60 minuti. Le donne che hanno seguito queste raccomandazioni hanno mostrato un minor rischio di diabete, ma anche dedicando un tempo minore a queste attività si sono notevolmente ridotti i rischi di tale patologia.

L’équipe ha inoltre concluso che “l’esercizio di potenziamento muscolare con i pesi può ridurre il rischio di diabete di tipo 2 tramite vari meccanismi,” facendo sì che le donne in sovrappeso o che presentavano obesità potessero assistere a una maggiore riduzione del rischio rispetto alle altre.

Anche negli uomini il rischio si è ridotto

La ricerca precedente, pubblicata sulla rivista Archives of Internal Medicin, nell’agosto 2012 e condotta da ricercatori degli stessi istituti, ha anch’essa concluso che gli uomini che si allenano regolarmente con i pesi possono ridurre il rischio di diabete di tipo 2 fino al 34 per cento. Un allenamento costante potrebbe essere di 30 minuti a sessione, 5 volte alla settimana.

In linea con il recente studio, si è scoperto che l’allenamento di resistenza combinato ad attività aerobiche come correre o camminare a un’andatura leggera possono determinare risultati anche migliori: una riduzione del rischio fino al 59 per cento.

Tale studio è risultato pioniere nella constatazione di come l’allenamento di potenziamento muscolare con i pesi potrebbe aiutare a prevenire il diabete di tipo 2. Ora è chiaro che entrambi i sessi possono trarne beneficio.

È importante sottolineare, affinché l’allenamento di potenziamento con i pesi eseguito da solo, senza unirlo a esercizi aerobici o ad altre tipologie di esercizi, pare offrire una notevole riduzione del rischio. Per questo motivo, le persone che hanno problemi di tempo nello svolgimento di questi ultimi trovano un’alternativa valida ed efficace nei pesi.

L’allenamento anche con i pesi aiuta i diabetici

Se guardiamo più indietro nel tempo, uno studio pubblicato su JAMA nel novembre 2010 ha riscontrato che lo svolgimento di esercizi aerobici e di potenziamento con i pesi aiutava a migliorare i livelli di glicemia tra i malati di diabete tipo 2 molto più di quanto avvenisse con i soli esercizi.

Una pubblicazione ha segnalato che “i pazienti affetti da diabete di tipo 2 che desiderano ottimizzare gli effetti dell’esercizio e del controllo della glicemia devono svolgere sia esercizi aerobici sia esercizi di potenziamento con i pesi.” Tale pubblicazione ha aggiunto che “se si ha a disposizione un tempo limitato da dedicare allo sport, è meglio dedicarlo a entrambi gli esercizi piuttosto che a uno solo.”

 

Angel Salazar (angelsalamag@gmail.com)

Kinepharma.

 

 

Ad opera di microrganismi a trasmissione aerea

Secondo una relazione pubblicata nel periodico britannico The Guardian, il 25 maggio 2006, il microbiologo e dottore Dale Griffin, del Servizio Geologico degli Stati Uniti, batteri e funghi provenienti dall’Africa sono in grado di viaggiare per migliaia di chilometri. Le tormente tipiche delle aree desertiche possono trasportare gli organismi fino a 5 chilometri d’altezza. Il Dottor Griffin illustrava come, probabilmente. Il 10% di tali organismi è in grado di sopravvivere alla radiazione solare:

“Su 40 campioni d’aria prelevati in mezzo all’Atlantico, 24 hanno rivelato la presenza di significative quantità di microbi vivi, tra cui ben 26 colonie di batteri e 83 di funghi. Tali colonie includevano ceppi suscettibili di essere causa di malattia nell’essere umano, nell’animale e nelle piante. Un grammo di terreno tipico del Sahara contiene fino a un miliardo di batteri e gli esami condotti ipotizzano che circa due miliardi di tonnellate di particelle di terreno si trasmettono per via aerea intorno al pianeta ogni anno. Il Dottor Griffin e il suo team hanno sfruttato i test genetici per stabilire l’origine esatta degli organismi”.

Alcuni dei test che si realizzano nel Regno Unito per verificare la presenza di funghi e batteri hanno rivelato come taluni pazienti fossero stati esposti a organismi che, teoricamente, in ragione della loro localizzazione geografica, avrebbero reso impossibile tale esposizione. Tale analisi ha evidenziato pertanto le ragioni di un tale fenomeno.

Un ulteriore studio realizzato nel 2014 da un team internazionale di scienziati, tra i quali alcuni ricercatori dell’Università della California, San Diego, ha rilevato che la probabile causa della Sindrome di Kawasaki (EK) in Giappone, è un agente patogeno trasportato dal vento e proveniente de una fonte localizzata nel nordest della Cina. La Sindrome di Kawasaki è una misteriosa malattia infantile in grado di danneggiare in modo permanente le arterie coronariche.

La Sindrome di Kawasaki è fra le cause più comuni di cardiopatia acquisita nei bambini. Si tratta di una malattia difficile da diagnosticare e, in assenza di un trattamento idoneo, il 25 percento dei bambini affetti può sviluppare complicazioni quali attacchi cardiaci, insufficienza cardiaca congestiva o morte prematura. La percentuale di prevalenza dell’EK è in aumento tra i bambini di Asia, Stati Uniti ed Europa Occidentale. Si prevede che entro il 2020, un adulto su 1600 dell’intera Unione Europea sarà affetto dalla Sindrome.

Gli esperti di un team multidisciplinare hanno comunicato che le prove raccolte suggeriscano che la causa più plausibile dell’EK sia una “tossina modificata o una molecole ambientale” originaria del Nordest della Cina, possibilmente associata a Candida, la quale è stata messa in correlazione con la vascolite coronarica di Kawasaki nell’ambito di test condotti su topi.

Il tutto serve a dimostrare come svariate particelle siano in grado di viaggiare nell’atmosfera e quali siano le possibile ripercussioni sulla salute. La polvere vulcanica, per esempio, è in grado di viaggiare per migliaia di chilometri, attraversando i quattro continenti in tutta semplicità. I campioni di polvere prelevati nell’area della Falesia Lewis/Ghiacciaio Beardmore nell’Antartide sono stati identificati quali un mix di cenere vulcanica, probabilmente di origine australiana.

La contaminazione industriale viaggia quindi più rapidamente dell’uomo. Batteri, candide e particelle di polvere vengono trasportate per migliaia di chilometri e la loro trasmissione non si limita all’aria, ma agli indumenti di quanti viaggiano da un paese all’altro o al trasporto di merci.

Si raccomanda quindi di prevenire possibili contagi, mantenere alte le difese immunitarie e testare sempre la presenza di batteri e candide con un kit basico.

 

Ángel Salazar Magaña (angelsalamag@gmail.com)

Kinepharma.

 

Fiala di omocisteina

Poco tempo fa ho letto su un quotidiano questa notizia: “La Medicina ha trovato un nuovo marker vascolare. Nonostante la mancanza di studi definitivi, un aumento dell’omocisteina riscontrato in un’analisi del sangue può essere indice della possibilità che si verifichi un evento cardiovascolare. Le persone che presentano precedenti in tal senso, gli obesi e gli anziani devono prestare la massima attenzione a tali livelli per evitare uno spavento fatale”.

L’omocisteina (HC) acido 2-ammino-4-sulfanil-butanoico è un amminoacido solforato molto importante nel trasferimento dei gruppi metilici nel metabolismo cellulare, considerato un fattore di grande influenza nello sviluppo delle patologie cardiovascolari e cerebrovascolari. Questo componente, che viene rilasciato quando il corpo digerisce acido folico e altre vitamine del gruppo B (in particolare B6 e B12) è effettivamente un indicatore del fatto che qualcosa non funziona nell’organismo e si manifesta quando si verifica un aumento della sostanza a livello plasmatico.

A parte le patologie cardiovascolari, la carenza di alcune delle vitamine summenzionate (B6 e B12) può provocare addirittura un deterioramento cognitivo. L’insufficiente disponibilità di gruppi metilici impedisce il corretto metabolismo della mielina, dei neurotrasmettitori e della membrana di fosfolipidi, che in seguito sfociano in patologie neurologiche: Alzheimer, Parkinson, epilessia, demenza, ecc.

L’omocisteina, che oggi viene analizzata nei casi di rischio cardiovascolare, è coinvolta nello sviluppo dell’aterosclerosi. E compromette anche il sangue, rendendo le piastrine più adesive e favorendo la formazione dei coaguli, che possono ostruire completamente le arterie e le vene, provocando trombosi e altri eventi cardiovascolari. L’omocisteina riduce inoltre la flessibilità delle arterie e delle vene, impedendone la dilatazione.

I fattori che impediscono l’aumento dell’omocisteina sono i seguenti:

  • Carenza di folati, pirossidina o problemi nell’assorbimento della vitamina B12.
  • Alterazioni al fegato, ai reni, ipotiroidismo e trapianto.
  • Intossicazione da farmaci o da eccesso di alcol o caffè.
  • Problemi enzimatici.

Se oltre a un elevato livello di tale amminoacido è presente un elevato indice di massa corporea (IMC), i rischi di ictus criptogenetico (di origine sconosciuta) sono di gran lunga maggiori.

Test e trattamento

Per effettuare il test useremo la fiala di omocisteina del kit dell’apparato endocrino ampliato. Potremo inoltre testare l’infiammazione e le due informazioni ottenute ci aiuteranno a definire in maniera più chiara il rischio di un evento cardiovascolare immediato. Prenderemo in considerazione le fiale di un test delle infiammazioni, nella fattispecie le seguenti: interleucine (IL) IL-1,6, 8, interferone gamma , TNF-α, leucotriene-4 e la proteina C Reattiva (PCR). La fiala di IL-4,5,6,10 (TH2) ci informerà tuttavia del fatto che viene modulata e inibita in un certo modo l’infiammazione, affievolendo il rischio cardiovascolare.

In caso di alterazioni della memoria e di altre problematiche neurologiche  degenerative, le fiale di omocisteina, vitamina B6 e B12 possono risultare di grande aiuto, rivelando una carenza di entrambe le vitamine o altri fattori che inducono l’iperomocisteinemia.

Per variare, e lo diciamo con una certa ironia dal momento che influisce sulla prevenzione di tutte le patologie, combatteremo il problema mediante un’opportuna dieta ricca di frutta e verdura che apporti acido folico e mediante l’assunzione di integratori di vitamina B6 e B12. Dobbiamo tuttavia fare riferimento a quanto pubblicato nel nostro articolo della settimana scorsa, “Nutrizione nelle patologie cardiache”, nel quale viene chiaramente indicato tutto ciò che può contribuire a eliminare l’infiammazione.

 

Angel Salazar Magaña (angelsalamag@gmail.com)

Kinepharma.

 

La nutrizione nelle patologie cardiache

La nostra attenzione è stata catturata dal Dott. Dwight Lundell, responsabile del Servizio di Chirurgia Coronarica presso il Banner Heart Hospital, il quale ha recentemente abbandonato la chirurgia per dedicarsi al trattamento nutrizionale nelle patologie cardiache. È il fondatore dell’Healthy Humans Foundation, che promuove la salute umana con un approccio che possa aiutare le Associazioni a sostenere la salute.

Oltre 75 milioni di cittadini statunitensi soffrono di patologie cardiache, 20 milioni di diabete e 57 milioni di prediabete. Questi disturbi stanno coinvolgendo persone sempre più giovani, il cui numero aumenta anno dopo anno e contrariamente a quanto ci è sempre stato insegnato, la colpa non è degli elevati livelli di colesterolo, bensì dell’infiammazione derivante dalle cattive abitudini alimentari.

Questo medico dichiara che senza la presenza di un’infiammazione è impossibile l’accumulo del colesterolo sulle pareti dei vasi sanguigni che provoca patologie cardiache e infarti. Senza infiammazione il colesterolo si muove liberamente nel corpo. È l’infiammazione a far sì che il colesterolo rimanga intrappolato.

L’infiammazione è semplicemente una reazione naturale del corpo nei confronti di batteri, tossine, virus, ecc. Si tratta di una forma di protezione del corpo. Tuttavia, se esponiamo in maniera cronica l’organismo a danni derivanti da tossine o da alimenti che non è previsto vengano elaborati dal corpo umano, è necessario il sussistere di una condizione detta infiammazione cronica.

La maggior parte delle persone si limita a seguire la dieta consigliata, a ridotto contenuto di grassi e ricca in grassi polinsaturi e carboidrati, senza sapere che stiamo provocando ripetuti danni ai nostri vasi sanguigni. Questa costante aggressione determina un’infiammazione cronica che porta alla patologia cardiaca, a eventi cerebrovascolari, al diabete e all’obesità.

 

In sintesi, la principale causa dell’infiammazione cronica è il sovraccarico di idrati di carbonio semplici ed elaborati (zucchero, farina e tutti i prodotti derivati) oltre all’eccessivo consumo di oli vegetali contenenti omega-6, quali olio di soia, mais e girasole, presenti in parecchi alimenti elaborati.

Quando consumiamo idrati di carbonio semplici, i livelli di zucchero nel sangue si alzano rapidamente e il pancreas secerne insulina. Se la cellula è già piena e non ha bisogno di glucosio, i livelli di zucchero nel sangue si alzano producendo maggiore insulina e il glucosio viene stoccato sotto forma di grasso.

Ma cos’ha a che vedere tutto questo con l’infiammazione? La quantità di zucchero nel sangue è controllata secondo intervalli piuttosto rigidi. Le molecole di zucchero si uniscono a una grande varietà di proteine, che provocano lesioni sulle pareti dei vasi sanguigni. Tali ripetute lesioni sulle pareti sanguigne scatenano l’infiammazione. Quando il livello di zucchero nel sangue si alza varie volte al giorno, tutti i giorni, è come sfregare con un foglio di carta vetrata la delicata parete interna dei vasi sanguigni.

Se a ciò si unisce l’eccesso di acidi grassi omega 6 dei prodotti elaborati, che spezza l’equilibrio con gli omega 3, che deve essere pari a 3:1 e non a 15:1 come avviene attualmente, la membrana della cellula produce sostanze chimiche dette citochine, che provocano direttamente l’infiammazione.

È sempre più importante essere consapevoli della propria alimentazione, lo abbiamo visto in articoli passati del Dott. Shinya. Riteniamo tuttavia che entrambe le teorie siano compatibili e debbano essere integrate tra loro. Speriamo che la medicina tradizionale inizi ad adottare corrette norme alimentari come principale fattore di prevenzione delle patologie.

Per il test è possibile utilizzare un kit malattie apparato circolatorio, in particolare le fiale come quelle arteria aterosclerosi, in grado di rilevare problematiche che compromettono la salute del cuore.

 

Ángel Salazar Magaña (angelsalamag@gmail.com)

Kinepharma.

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